mercoledì 1 marzo 2017

Il Simbolismo

Il simbolismo è una corrente letteraria, filosofica ed artistica che nasce in Francia (e poi si diffonde in Europa in particolare in Germania ed in Italia) a partire dal 1886, come reazione al realismo, al naturalismo e all’impressionismo. Considerato come un movimento interno alla più ampia corrente del Decadentismo, le sue caratteristiche vengono descritte nel Manifesto di J. Moréas pubblicato sul quotidiano Le Figaro il 18 settembre 1886. A differenza dell’impressionismo (che non voglio affatto sminuire) la poetica è molto più complessa. Innanzi tutto - come appena detto - investe non solo la pittura, pertanto è più completo nel descrivere lo stato d’animo di coloro che ne fanno parte e soprattutto descrive non le sensazioni ottiche bensì le emozioni ed il disordine interiori più profondi. Interiorità, intimità dell’uomo e del suo inconscio, azzardando una parola che sarà scoperta anni dopo con la psicanalisi. Non dimentichiamo che il sogno sarà un tema fondamentale anche nel Surrealismo. Il Simbolismo è un momento di incontro e di fusione tra elementi della percezione sensoriale ed elementi spirituali. Di qui l’interesse, attraverso l’uso del simbolo, per la dimensione del sogno, la visione interiore, l’immaginazione. Secondo la definisione del dizionario simbolo deriva dal latino symbŏlus e symbŏlum che significa accostamento, far coincidere, e rappresenta qualsiasi elemento concreto (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che caratterizzano l’elemento stesso, il quale viene pertanto assunto ad evocare o significare entità astratte, di difficile espressione. Un valore ulteriore, più ampio e astratto rispetto a quello che normalmente rappresenta (per esempio il focolare simbolo della famiglia oppure la bilancia simbolo della giustizia). La poetica simbolista si fa strada nella cultura istituzionale francese, fino a culminare, nel decennio successivo, con la costituzione di un vero e proprio movimento supportato da diverse riviste letterarie.
La pittura che ne deriva è raffinata, ricca di simbologie mitologiche-religiose, e si propone di esplorare quelle suggestive regioni della coscienza umana al confine tra realtà e sogno che fino ad allora erano rimaste escluse dall’indagine artistica. Tali tratti contribuiscono a porre il movimento simbolista in contrasto con la cultura borghese contemporanea, con l’ideologia del progresso e della tecnica, cui si contrappongono il culto di un passato mitizzato, la considerazione del presente come epoca di decadenza, una visione individualista, fortemente spiritualizzata o talvolta intrisa di anarchismo. Come conseguenza nè saranno interessati anche il costume e gli orientamenti morali dei ceti borghese e piccolo borghese.
Il precursore, il padre spirituale del decadentismo, è senza dubbio Charles Baudelaire (1821-1867) autore di un unico - ma fondamentale - libro di poesie, “Les fleurs du mal” (1857); la sua originalità è stata solo in parte compresa dai suoi contemporanei ma ha esercitato una notevole influenza nei confronti della scuola simbolista. Nel suo noto sonetto “Correspondances” scrive:
“La Natura è un tempio dove colonne viventi / Talvolta lasciano uscire confuse parole; / l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli  / che l’osservano con sguardi familiari. / Come lunghi echi che si confondono in lontananza, / in una cupa e profonda unità, / vasta come l’oscurità e come la luce, / profumi, colori e suoni si rispondono. / Vi sono profumi freschi come carni di bimbi, / dolci come gli oboi, verdi come i prati, / e altri, corrotti, ricchi e trionfanti, / che hanno l’espansione delle cose infinite, come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso, / che cantano l’ebbrezza dello spirito e dei sensi”.
La definizione di poeti simbolisti, in riferimento a P. Verlaine, A. Rimbaud, S. Mallarmé (suo il poemetto “Il pomeriggio del fauno” 1876) e J.-K. Huysmans (“A rebours” 1884) fu introdotta da J. Moréas, in un momento in cui il fenomeno del decadentismo era in corso già da anni e quei poeti erano stati riconosciuti come i suoi maggiori rappresentanti. Il decadentismo è pervaso dall’ansia e il poeta decadente non è e non vuole essere il poeta-vate tipico del romanticismo, ma il poeta-veggente, che giunge all’ignoto attraverso un immenso “sregolamento di tutti i sensi” (A. Rimbaud). Non esistono più da una parte la realtà e dall’altra il sogno, ma tutta la vita si presenta come simbolo. Questo spiega come il Simbolismo, a un certo punto, si distingue dal decadentismo, per diventare un movimento a se stante, spingendo all’estremo il culto dell’accostamento, dell’analogia. La poesia simbolista si pone in antitesi con la concretezza e l’idealismo, prediligendo una funzione del verso puramente evocatrice e mistica. La rigida metrica tradizionale viene abbandonata in favore del verso libero, che permette la creazione di un ritmo che ricalchi il fluire delle sensazioni e dell’energia che pervade le cose del mondo. La musicalità del testo è sostenuto dall’utilizzo di figure retoriche (sinestesia, analogia, metafora) e pertanto diventano letture per pochi perchè difficili da decifrare e comprendere. Il primo a farsi sostenitore di una poetica simbolista è, nel già citato “Pomeriggio di un fauno”, Mallarmé, che si concentra in particolare sulle corrispondenze tra oggetti e stati d’animo, sulla possibilità, attraverso la contemplazione, di utilizzare un oggetto per illustrare un sentimento o passare da una sensazione a una cosa, grazie alle analogie. Corrispondenze tra forma e parole, dalla forma al contenuto alla sensazione. Il Simbolismo ha avuto seguito anche in Italia con Pascoli e D’Annunzio (“Il piacere” 1889, “La pioggia nel pineto” 1902) e in Inghilterra con Oscar Wilde (“Il ritratto di Dorian Gray” 1891). Punti di riferimento in altre discipline sono Wagner per la musica ed Hegel, Schopenhauer e Nietzsche per la filosofia. E non si possono dimenticare, come precorritori, i preraffaeliti quali Dante Gabriel Rossetti (“Beata Beatrix” 1872) e J.E. Millais (“Ophelia” 1851-52). Una breve nota: questa figura femminile viene ripresa e letta in diverse chiavi fino ad oggi sia in pittura che in fotografia (da vedere il blog postato il 14 febbraio: Una fotografia di Gregory Crewdson).
Parlando di pittura è necessario citare il francese Gustave Moreau (1826-1898). Nei suoi quadri sono evidenti temi quali la mitologia e le storie bibliche: ne fa una rivisitazione, un sogno in cui le immagini e i contenuti hanno la finalità di essere dei simboli. Di rilevante importanza la figura della donna, vista agli antipodi madre e femme fatale dunque donna come figura angelica, portatrice di amore puro e positivo e donna sensuale, incarnanta nella figura di Salomè (“L’apparizione” 1876), che porta l'uomo alla perdizione. Meticoloso e preciso, ha un’estetica raffinata, l’azione è assente mentre tutte le passioni e le tensioni vitali vengono vissute nell’ambito del sogno. 

G. Moreau
Edipo e la sfinge
(1864)
G. Moreau
L'apparizione
(1874-1876)
Colui che può essere considerate il più rappresentativo pittore simbolista è Odilon Redon (1840-1916). Benché amico degli impressionisti, egli rifiuta l’uso di questo stile, soprattutto perché non ha interesse a rappresentare la realtà così come essa appare. Nella sua pittura la natura è soprattutto sogno, ed egli ne coglie gli aspetti più sfuggenti, anormali, inspiegabili. Nella sua produzione s'intrecciano miti classici e orientali, temi pieni di ambiguità basati sullo strano, sul bizzarro, sul chimerico e sul grottesco.

O. Redon
L'occhio,
come un pallone bizzarro
si dirige verso l'infinito (!882)
O. Redon
Evocazione di farfalle
(1910-1912)













Un esempio: “Evocazione di farfalle” (1910-1912): che cosa più di una farfalla è simbolo di bellezza, caducità, metamorfosi?
Il Simbolismo ha avuto un’ampia diffusione diffusione in tutta Europa. In Svizzera può considerarsi simbolista l’opera pittorica di Arnold Böcklin (1827-1901) e F. Hodler (1853-1918).

A. Bocklin
L'isola dei morti (1883)
A. Bocklin
Tritone e Nereide (1873-1874)



F.Holder
La notte (1889-1890)





La pittura di Böcklin è mitologica: creature oniriche (ninfe, naiadi, nereidi, gorgone, minotauri) tra architetture classiche, simbolismi, allegorie e un richiamo spesso ossessivo alla morte. Pur esente da quel clima di morboso decadentismo del simbolismo francese, anche la sua pittura si colloca nei territori tra la realtà e il sogno. Le sue immagini hanno un taglio visionario con atmosfere tenebrose e lugubri. L’artista ha dipinto cinque diverse versioni (una delle quali andata distrutta durate la seconda guerra mondiale) negli anni tra il 1880 e il 1886 de “L’isola dei morti”. Tema comune è un rematore ed una figura vestita di bianco in una piccola barca che attraversa delle acque profonde diretta ad un'isola sassosa. Nella barca c'è un oggetto che potrebbe essere una bara. Di Hodler cito su tutte l’opera “La Notte” (1889-1890) il pittore raffigura sé stesso mentre il fantasma della morte lo strappa dal sonno. L'artista è circondato da uomini e donne che dormono abbracciati. Nella tela sono infilati autoritratti e i ritratti di due donne con le quali egli divide in quegli anni la sua vita: Augustine Dupin, compagna degli esordi e madre di suo figlio e Bertha Stucki che è stata sua legittima sposa nel corso di un breve e tormentato matrimonio. Tale dipinto ha forti rimandi con “L'incubo” (due versioni del 1781 e del 1790-1791) di Johann Heinrich Füssli e “Il sonno della ragione genera mostri” (1797) di Francisco Goya. In Germania c’è F. Von Stuck (1863-1928) le cui opera riprendono la mitologia greco-romana ed il paganesimo. Le caratteristiche principali sono l’erotismo (“Il peccato” 1893), la trattazione dissacrante di tematiche religiose e l'interesse per i personaggi mitologici del mondo classico. In Inghilterra G.F. Watts (1817-1904) unisce la tradizione classica con una pittura tormentata e sofferta; lo scopo è quello di rappresenatre l’esistenza umana, la sua evoluzione, gli sforzi e le qualità transitorie dell'animo. In Belgio citiamo F. Rops (1833-1898) che essendo molto vicino ai movimenti letterari del suo tempo mescola sesso, morte e immagini sataniche. E poi F. Khnopff (1858-1912), nei suoi dipinti miti e chimere; peculiare è anche la scelta della modella, aveva una vera e propria passione per i capelli rossi, e per la mascella squadrata e prominente, tanto da dare alle sue modelle un’apparenza androgina. J. Delville (1867-1953), anche lui belga, la sua opera risente dell’esoterismo e di un certo idealismo filosofico e perciò è dichiaratamente simbolista. 

F. von Stuck
Il peccato (1893)
GF. Watts
La speranza (1886)
F. Khnopff
La sfinge (1896)











E in Italia E. Scomparini (1845-1913), pittore triestino che dipinge tra le altre cose “Margherita Gautier” (1886) l’emanciata dama dalle camelie ormai sfiorite. G.A. Sartorio (1860-1932) pittore, scultore, scrittore e regista dipinge “La sirena” (1893), figura mitologica, permeata nella cultura fin de siécle dell’aura della seduttrice fatale, la splendida creatura marina, che affiora lucente dall’acqua, allude alla natura duplice della donna - ninfa gentile ma anche crudele incantatrice - evocando la potenza misteriosa e irresistibile del suo erotismo. Infine G. Segantini (1858-1899) la cui opera è descritta nel blog postato 29 gennaio (Segantini. Ritorno alla natura). 

E. Scomparini
Margherita Gautier (1886)
GA. Sartorio La sirena (1893)











Altre suggestioni simboliste, pur su un piano stilistico totalmente diverso, sono rintracciabili anche nella pittura di Paul Gauguin (1848-1903). Di marca simbolista è anche il contenuto della pittura di Gustav Klimt (1862-1918), il maggiore esponente della Secessione viennese. La sua pittura, benché abbia una cifra stilistica molto originale, si basa sempre su soggetti di tipo simbolico. Un’inclinazione tragica caratterizza l’opera del norvegese E. Munch (1863-1944), antecedente, insieme a V. Van Gogh (1853-1890), delle esperienze espressioniste.  Ma di questi  autori ne parleremo in altre lezioni.

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