venerdì 24 febbraio 2017

L'impressionismo


L’impressionismo è un movimento pittorico francese che nasce a Parigi intorno al 1860 e termina intorno al 1890. Deriva direttamente dal realismo e come questo s’interessa soprattutto alla rappresentazione della realtà quotidiana; non ne condivide, tuttavia, l’impegno ideologico e politico, non si occupa dei problemi ma solo dei lati gradevoli della società, ha un atteggiamento positivo. La tecnica impressionista nasce dalla scelta di rappresentare solo e soltanto la realtà sensibile. Non quello che l’occhio guarda ma quello che i sentimenti e le sensazioni vedono e percepiscono. La caratteristica principale è quella di dipingere “en plein air” (all’aria aperta) con la predilezione per la rappresentazione del paesaggio e dei soggetti urbani alla luce naturale del sole, nelle diverse ore della giornata e nelle diverse stagioni (tutti o quasi tutti gli autori hanno dipinto la neve). Gli impressionisti hanno osservato che la luce è mutevole e pertanto anche i colori sono soggetti a continue variazioni che possono essere colte solo con una veloce stesura dell’opera. Caratteristiche sono le pennellate rese possibili dall’utilizzo di pennelli piatti (usati in pittura per la prima volta, fino a questo momento infatti si usavano solo pennelli rotondi) e da colori in tubetto facilmente trasportabili (anche in questo caso sono pionieri). L’impressionismo cerca di catturare l’attimo fuggente e i suoi colori attraverso la luce; nè sono massima espressione le numerose versioni della Cattedrale di Rouen (Monet, 1892-1894). I colori posti su una tela agiscono sempre operando una sintesi sottrattiva: più i colori si mischiano e si sovrappongono, meno luce riflette il quadro. L’intento è proprio evitare al minimo la perdita di luce riflessa, così da dare alle tele la stessa intensità visiva che si ottiene da una percezione diretta della realtà (utilizzano solo colori puri; non diluiscono i colori per realizzare il chiaro-scuro, che nelle loro tele è assente; accostano colori complementari per esaltare la sensazione luminosa; poco usato il nero; le ombre sono colorate). Nel 1873 nasce la Societè anonyme des artistes, peintres, sculpteurs, graveurs. Boicottati dal Salon Ufficiale parigino, l'anonimo gruppo, guidato da Claude Monet e composto tra gli altri da Cezanne, Degas, Pissarro e Renoir, sfida la massima istituzione artistica francese organizzando una mostra in proprio. Un gesto di rottura in linea con la portata rivoluzionaria della loro tecnica pittorica, che mette in discussione i canoni classici. Il 15 aprile del 1874 viene inaugurata la prima mostra presso il Boulevard des Capucines, 35 a Parigi nello studio del fotografo Felix Nadar. In totale le mostre saranno otto, l’ultima nel 1886, che decreterà la fine dell’impressionismo. Con Monet finisce il tempo di rappresentare con la pittura quello che ci circonda, facendone un’esatta copia, con Monet inizia il tempo di descrivere il mondo come lo si intuisce, attraverso la rappresentazione delle sensazioni ottiche, percorso che era iniziato qualche anno prima con Edouard Manet (il più grande interprete della pittura pre-impressionista) e che termina con Cezanne, la cui opera è quella che per prima supera l’impressionismo degli inizi.

Édouard Manet (Parigi 1832-Parigi 1883) è stato un pittore francese annoverato tra il gruppo degli impressionisti. Meglio ancora identificabile come il precursore dell’impressionismo, come l’anticipatore di questo movimento. Egli non partecipò mai alle loro esposizioni ma tentò per tutta la sua carriera di essere ammesso al Salon Ufficiale di Parigi con lo scopo di ottenere un rinnovamento della pittura all’interno delle istituzioni accademiche. Le opere che, per il soggetto raffigurato, suscitarono scandalo sono “Colazione sull’erba” (1863) e “Olympia” (1863).
Colazione sull'erba (1863)
Olympia (1863)
Il bar delle Folies-Bergère (1881-82)

In queste tele mancano il chiaroscuro e la prospettiva. Vengono utilizzate macchie di colori puri stesi uniformeme. Caratteristiche tipiche dell'impressionismo. In “Colazione sull’erba”, la cui scena si svolge in una radura tra gli alberi, sono raffigurati, in primo piano, una donna nuda che guarda sfrontata verso lo spettatore e due uomini borghesi, lo si comprende dai loro abiti, che conversano tra loro, indifferenti a quello che accade intorno. Vi è poi, in secondo piano, una donna che si sta bagnando in uno stagno. In quest’opera non è il nudo a scandalizzare, ma la sua rappresentazione. Lo stesso vale per “Olympia” (interessanti le somiglianze e le differenze con l’opera di Tiziano Vecellio “La vergine di Urbino” del 1538) in cui il soggetto principale, dalla posa classica, è una magra giovane donna distesa su un letto disfatto. Completamente nuda, è come colpita da una forte luce; il suo incarnato è uniforme e bianco. Indossa alcuni elementi importanti che servono per darle una precisa identità e collocazione sociale. L’orchidea, le pantofole, il nastro nero attorno al collo, alcuni gioielli. Tutti elementi che esprimono femminilità e sensualità ancor più evidenziata dalla sua posa. Lo sguardo è sicuro, gli occhi fissi. Non mostra sentimenti. E’ rivolta verso lo spettatore cioè verso colui al quale potrebbe offrirsi... ma solo in cambio di denaro. E poi il nome, tipico di quelle cortigiane parigine dell’epoca. Dietro di lei una servitrice e, ai suoi piedi confuso con l’oscurità, un gatto nero che, nelle mitologie antiche, veniva considerato il messaggero utilizzato dalle streghe per comunicare con il diavolo. E’ un simbolo. Una precisazione la modella è Victorine Meurent, la stessa che ha posato nelle opere “Colazione sull’erba” e “Il bar delle Folies-Bergère” (1881-1882). In questo, che è l’ultimo lavoro importante realizzato de Manet, la scena rappresenta l’interno del bar da cui prende titolo il dipinto, un locale alla moda di Parigi. Lo spazio è molto ristretto. Il piano del bancone, con la raffigurazione di una natura morta. Uno specchio attraverso il quale si osserva il locale. Il riflesso della donna di spalle e quello di un uomo che le sta di fronte. Importante il gioco di luci ed i colori sapientemente ottenuti.


Claude-Oscar Monet (Parigi 1840-Giverny 1926) è considerato il padre dell'impressionismo. Alla sua opera “Impression, soleil levant” (1872) si deve il nome di questo movimento. In effetti il critico Louis Leroy prende spunto dal titolo del quadro, presentato alla mostra del 1874, per coniare ironicamente il termine impressionismo:
Impression, soleil levant (1872)


“[…] L'imprudente era andato lì senza pensarci, credeva di vedere della pittura come se ne vede ovunque, buona e cattiva, più cattiva che buona, ma che non attentasse ai buoni costumi artistici, al culto della forma, al rispetto dei maestri. Ah, la forma! Ah, i maestri! Non ne abbiamo più bisogno, mio povero amico! Tutto questo è cambiato”. In compenso, un altro critico contemporaneo, Jules Castagnary, scrive che questi pittori “...sono impressionisti nella misura in cui non rappresentano tanto il paesaggio quanto la sensazione in loro evocata dal paesaggio stesso. E proprio questo termine è entrato a far parte del loro linguaggio [...]. Da questo punto di vista hanno lasciato alle loro spalle la realtà per entrare nel regno del puro idealismo. Quindi la differenza essenziale tra gli impressionisti e i loro predecessori è una questione di qualcosa in più e qualcosa in meno dell'opera finita. L'oggetto da rappresentare è lo stesso ma i mezzi per tradurlo in immagine sono modificati [...]”. Monet per tutta la vita studia la luce e l’effetto che essa ha su ciò che lo circonda, con il passare del tempo e delle stagioni. In particolare, quando nel 1890 acquista una proprietà nel villaggio di Giverny in alta Normandia, una regione della Francia settentrionale che ha come capoluogo Rouen, molti dei suoi dipinti vengono fatti per così dire “in serie” e la sua ricerca pittorica viene rivolta sempre di più alle variazioni cromatiche e formali di uno stesso soggetto osservato in mutevoli e variabili condizioni atmosferiche. E’ proprio in questa dimora che il pittore vive la sua più grande stagione creativa, fino alla sua morte nel 1926. Inizialmente si concentra sui “Covoni” e tra il 1890 e il 1891 li rappresenta in quindici tele. E’ documentato che lavorasse con più tele contemporaneamente e quando l’effetto della luce cambiava pure lui cambiava tela in modo da fissare l’istante dell’immagine cha ha un presente effimero, fugace, evanescente che solo per poco è futuro e in breve diventa passato. Benchè questo soggetto rappresenti il mondo rurale nella campagna intorno a Giverny, i dipinti di Monet non vogliono rappresentare una denuncia delle condizioni di vita dei contadini - come nel caso di Francois Millet, pittore realista, (mi riferisco per esempio a “Le spigolatrici”-1857) - non sono una denuncia sociale. Attraverso questo lavoro in serie, Monet è in grado di dimostrare che non sono gli oggetti ad essere importanti ma tutti gli stati climatici e luminosi che trasformano la loro percezione visiva. La sua ricerca continua con la famosa serie dedicata alle “Cattedrali”. 
 
In questo caso sono ben cinquanta i dipinti, tra il 1892 e il 1894, raffiguranti la facciata occidentale della cattedrale gotica di Rouen. In questo studio quindi ci spostiamo dalla natura all’architettura e in questo periodo Monet raggiunge il suo apice estetico della pittura in serie. L’artista dipingeva dalle prime ore del mattino fino al tramonto seguendo e fissando su tela i mutamenti di colore al variare della luce, durante il susseguirsi incessante delle ore (è noto che cambiava tela ogni mezz’ora). In qualche modo questa pittura può essere paragonata ad una fotografia, nel senso di istantaneità, ma egli voleva ritrarre non soltanto l’attimo ma la sensazione visiva, l’impressione insomma. L’ultimo imponente lavoro riguarda la serie delle “ninfee”, duecentocinquanta dipinti, tra cui anche decine di grandi decorazioni, a partire dal 1890 fino al 1926. Uno degli ambiziosi progetti di Monet, forse il più audace, era quello di voler dipingere la mutevolezza dell’acqua (in tutta la sua carriera è stato un elemento predominante). Nell’emozionante giardino della sua casa a Giverny, il pittore allestì uno scenario che doveva rappresentare la bellezza della natura. Anche in questo progetto riesce a cogliere tutte le sfumature, i riflessi e i movimenti della natura. Nell’arco dei lunghi anni in cui egli si dedica a questi dipinti, però, la tua pittura subisce una trasformazione fino a diventare puro sentimento interiore in cui i colori, il cielo, l’acqua e i fiori diventano un tutt’uno, si mischiano e si trasformano in pura luce, diventando astratti, informali. Una delle cause di questo cambiamento sarà sicuramente da attribuire al fatto che nel 1908 l’artista ha iniziato ad accusare disturbi visivi dovuti ad una doppia cateratta, senza nulla togliere, ovviamente, alla sua sensibilità artistica, sensibilità che lo ha sempre contraddistinto.

Pierre-Auguste Renoir (Limonges 1841-Cagnes-surMer 1919) anche lui pittore francese. I suoi dipinti sono notevoli per la loro luce vibrante e il colore saturo. Spesso mettono a fuoco persone riprese in situazioni intimistiche. Il nudo femminile è uno dei soggetti primari. Nel caratteristico stile impressionista la scena viene resa con liberi e veloci tocchi di colore, di modo che le sue figure si fondano morbidamente tra di loro e con lo sfondo.
Le Grenouillère (1869)
Verso la fine del 1860, tramite la pratica del “en plein air”, assieme al suo amico Claude Monet, Renoir scoprì che il colore delle ombre non è marrone o nero, bensì corrisponde al colore riflesso dagli oggetti che le circondano. Avendo lavorato insieme, alcune opere dei due artisti si possono analizzare in parallelo. Per esempio, “La Grenouillère” (1869). 

Hilaire German Edgar Degas (Parigi 1834-Parigi 1917) è stato un pittore e scultore. Tra i suoi soggetti preferiti ci sono le ballerine, (che costituiscono un tema del tutto personale) e le scene di teatro. In questo, Degas coincide con l’impressionismo: la scelta poetica di dar immagine alla vita urbana, con i suoi riti e i suoi miti, a volte borghesi, a volte bohémien. Dipinge le stiratrici, le modiste o le donne alla toeletta (soggetto quest’ultimo da lui molto raffigurato). 
La classe di danza (1874)
La tinozza (1886)








A differenza degli altri impressionisti non predilige le scene “en plein air”. Ricerca mezzi di pittura inediti a volte con l'aggiunta dei pastelli, che testimoniano una libertà innovatrice. Usa originali effetti luminosi e colorati che applica, in particolare, ai nudi realisti del 1886 per tradurre le vibrazioni della luce sui corpi delle donne. Inoltre utilizza punti di vista audaci, con riprese dall'alto o dal basso.


Jacob Abraham Camille Pissarro (Charlotte Amalie 1830-Parigi 1903) la sua pittura è impressionista, nel senso che egli sente la mobilità della luce e degli effetti cromatici.

La strada da Versailles a Louvenciennes
(1869)

La strada da Versailles a Louvenciennes
(1869)










Sebbene dipinga “en plein air”, medita e studia, organizzando gli oggetti rappresentati così da dar loro, pur senza contorni definiti, una solidità. Della campagna, ha rappresentato la bellezza e l’armonia dei campi in primavera ed in inverno. Gli orti, la terra lavorata, la neve, la semplicità rustica ma anche le vedute delle città.


Alfred Sisley (Parigi 1839-Moret-sur-Loing 1899) di origini inglesi e borghesi, è nato, ha vissuto e ha lavorato, sempre in Francia.
Inondazione a Port Marly (1876)
Il soggetto principale della sua pittura è il paesaggio con particolare attenzione al cielo e l’acqua animati dai mutevoli riflessi della luce. Da buon impressionista non trascurò mai neanche il tempo, l'attimo e il suo movimento, le stagioni, i cambiamenti dell'atmosfera, le ore del giorno.

Gustave Caillebotte (Parigi 1848-Gennevilliers 1894) forse uno dei meno noti nomi dell’impressionismo, deve essere ricordato non solo come artista, ma anche come mecenate (acquista opere d’impressionisti e finanzia per intero la terza esposizione nel 1877).
Place d'Europe, tempo di pioggia
(1877)
I suoi dipinti sembrano delle istantanee della vita parigina e di campagna. Il taglio è marcatamente fotografico. Le vedute sembrano fatte usando il grandangolo, le persone che popolano le strade sembrano in movimento, naturali, senza pose, con punti di vista azzardati. Molta l’attenzione alla luce. Non fu mai pienamente impressionista, perché il suo stile comprendeva anche elementi di realismo.

Berthe Marie Pauline Morisot (Bourges 1841-Parigi 1895) ha incominciato a disegnare fin da piccola incoraggiata dai genitori. Iniziò a dipingere, copiando i capolavori del Museo del Louvre e studiò arte privatamente non potendo, in quanto donna, essere accettata alla scuola di belle arti. Fece la sua prima esposizione nel 1874 presso Nadar. Sempre nello stesso anno sposò il fratello di Manet, Eugène, pittore anche lui, dal quale, nel 1879, all'età di 38 anni, ebbe una figlia, Julie. Ha partecipato a tutte le mostre impressioniste. Dipinge più che altro figure femminili, bambini e scene familiari.
La culla (1872)
I pregiudizi del tempo, oltre a darle difficoltà a dipingere all'aperto o in luoghi pubblici, la resero indifferente ed estranea alle questioni sociali che agitavano la vita parigina in quei decenni; fu quindi portata a dipingere interni e scene domestiche, con donne eleganti della media e alta borghesia ritratte in casa o in giardino, in varie ore della giornata. Nella sua tavolozza prevale il bianco, talvolta arricchito da decise pennellate di colore intenso e vivace. Riesce a realizzare delicate opalescenze e per aumentare questi effetti di trasparenza unisce spesso i colori ad olio con gli acquarelli. Una peculiarità del suo stile è la pennellata: sebbene per tutte le opere impressioniste è lecito osservare l'opera da lontano, per la Morisot è interessante osservare da vicino le pennellate che per lei sono più vigorose che per qualsiasi altro pittore impressionista. La violenza che si nota in queste la rende la più radicale degli impressionisti.

Mary Stevenson Cassatt (Pittsburg 1844-Chateau de Beaufresne 1926) è stata una pittrice statunitense ma ha vissuto molto tempo in Francia. Proveniente da una famiglia benestante e colta, cresce in un ambiente che considera i viaggi come parte integrante della formazione; trascorre cinque anni in Europa, visitando molte delle capitali, tra cui Londra, Parigi e Berlino. 
Colazione a letto (1897)
Nonostante la famiglia si opponga alla sua decisione di diventare un'artista professionista, Mary Cassatt inizia a studiare pittura. Come la Morisot prende lezioni private ed esercita la propria tecnica e capacità al Museo del Louvre dove copia le opere esposte. Il museo funge anche da luogo d’incontro per le studentesse d'arte alle quali non è consentito frequentare l’accademia ed i café, dove invece si radunano gli esponenti dell'avanguardia dell'epoca. Ha realizzato molti dipinti che ritraggono la vita sociale e privata delle donne della sua epoca, ponendo una particolare attenzione all'intimo e tenero legame che si realizza tra le madri e i loro bambini usando un tratto rigoroso.

Federico Zandomeneghi (Venezia 1841-Parigi 1917) è stato un pittore impressionista italiano. Dei tre “italiani di Parigi”, (con De Nittis e Boldini), Zandomeneghi è quello che ha avuto i legami più duraturi e profondi con l'ambiente impressionista e post-impressionista, partecipando ininterrottamente dal 1879 a tutte le mostre del movimento.
Al caffè Nouvelle Athenes
(1885)
La vicinanza dei temi, come le immagini delle donne alla moda, della toilette femminile, i paesaggi parigini, l’aperta campagna, le figure in interno ed in esterno, sono solo un tassello importante per collocare la sua arte. La Parigi di Zandomeneghi è quella del quartiere bohémien dove l'artista viveva a fianco di Toulouse-Lautrec e la sua modella Suzanne Valadon personaggi che ha raffigurato nel dipinto “Al Caffè Nouvelle Athènes” (1885).

Paul Cézanne (Aix-en-Provence 1839-Aix-en-Provence 1906) è stato un pittore francese di origine italiana. La famiglia di Paul Cézanne, proveniva dal Piemonte. La sua aderenza al movimento fu sempre distaccata e con lui finisce l’impressionismo. La sua tecnica pittorica è originale ed inconfondibile. Egli sovrapponeva i colori con spalmature successive, senza mai mischiarle. Voleva sintetizzare nel colore la visione ottica e la coscienza delle cose. Da questa sua ricerca partirà la pittura cubista. In ogni modo non perde mai di vista la realtà e il suo aspetto visivo usando il colore. Non utilizza mai né il chiaroscuro né la prospettiva.
Grandi bagnanti (1906)
I suoi soggetti sono i paesaggi, le nature morte (in particolare la frutta), i ritratti a figura intera. Dipinge soprattutto paesaggi dove dominano i colori verdi, distesi in infinite tonalità diverse, tra cui si inseriscono tenue tinte di colore diverso. E’ interessato solo ai volumi non allo spazio. Tanto che egli affermò che tutta la realtà può essere sempre riconducibile a tre solidi geometrici fondamentali: il cono, il cilindro e la sfera. Questa sua attenzione alla geometria solida ritorna anche nei suoi ritratti a figura intera, tra cui spiccano le composizioni delle “Grandi Bagnanti” (1906).

lunedì 20 febbraio 2017

Tina Modotti

La prima donna di cui scriverò è Tina Modotti e l’input mi è dato dal fatto che è un’artista ed una figura femminile che mi piace molto per il suo carattere carismatico e forte, per la sua intelligenza e la sua libertà. Inoltre proprio in questi giorni ci saranno spettacoli a teatro e programmi culturali alla televisione che ne parleranno. Molte le mostre a lei dedicate ed i libri che descrivono la sua vita privata, artistica e politica.

Tina Modotti (Udine 1896 - Citta' del Messico 1942) è una delle donne importanti nel panorama artistico della prima metà del 1900. Bella, brava, forte, libera, intelligente, carismatica, passionale. Una vita, la sua, tormentata e movimentata. Attrice, militante comunista e fotografa, ritrae la vita del popolo ponendo l'accento sul dolore e le ingiustizie. Nel 1913, dalla sua città natale, si trasferisce con la famiglia negli Stati Uniti (a San Francisco) e nel 1920 interpreta alcuni film a Hollywood. Ma presto abbandona la carriera da attrice per dedicarsi alla fotografia, la sua prima mostra nel 1924. L'incontro con Edward Weston, con il quale è legata da una relazione sentimentale, e la permanenza in Messico saranno fondamentali per la sua carriera come fotografa. Il clima politico e culturale post-rivoluzionario, l'incontro con grandi pittori muralisti del calibro di Diego Rivera (attivo anche dal punto di vista politico), con Vittorio Vidali (rivoluzionario italiano), l'amicizia con la pittrice Frida Kahlo, le molte e travagliate storie d'amore e la sua partecipazione alla vita politica del paese saranno gli spunti per la sua poetica e la sua espressività. Nel corso degli anni trasforma il suo modo di fare fotografia passando dall'attenzione verso la natura (molte le sue fotografie di fiori) all'utilizzo del mezzo fotografico come strumento di indagine e denuncia politico-sociale, pur mantenendo un equilibrio estetico. Sempre attiva politicamente e socialmente, dopo essere stata accusata (nel 1929) della morte del suo compagno di allora, il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, si trasferisce in Russia (a Mosca dove vive fino al 1935) e poi viaggia tra Varsavia, Berlino, Vienna, la Spagna (teatro della guerra civile che scoppia nel 1936 in cui le, ancora una volta, parteciperà in prima linea e produrrà molta documentazione fotografica) e infine Parigi. Nella notte del 5 gennaio 1942, viene colpita da infarto mentre si trovava dentro un taxi a Città del Messico, e la stampa reazionaria e scandalistica cerca di trasformare la sua morte in un delitto politico attribuendo la responsabilità a Vittorio Vidali.
Ponendo l’attenzione alla sua fotografia mi piace citare le sue stesse parole, che meglio raccontano di qualunque altra descrizione il suo pensiero: “Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore […] Sempre, quando le parole “arte” o “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell'effetto “artistico”, imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica”.

Calle (1924)
L’incontro con il fotografo statunitense Edward Weston da cui apprende le basi della fotografia, è certamente fondamentale ma la sua sensibilità la porta ben presto a sviluppare un suo stile in cui l’estetica, il rigore formale e il contenuto sono ben armonizzati. Sia nel ritratto che nel reportage si amalgamano la qualità dell’immagine e l’ideologia. Quest’ultima ben definita con l’esaltazione dei simboli del popolo e dell’uomo che lavora, con particolare attenzione alla donna lavoratrice. I suoi soggetti sono presi per strada per esaltarne la realtà e per cercare le tracce della rivoluzione (non si può nascondere il carattere propagandistico di queste fotografie che trasmettono un messaggio sociale chiaro). Mali della società e voglia di riscatto. Fotografa mani segnate dalla fatica, manifestazioni politiche e sindacali, falci, martelli e bandiere. Simboli di lavoro e di lotta. Contadini e operai che leggono El Machete (la rivista degli artisti della Rivoluzione, che è diventato giornale del partito); ritrae donne e bambini che lavorano. Le sue fotografie sono caratterizzate da un’impostazione geometrica, simmetrica ed equilibrata, con tagli prospettici particolari e bianchi e neri pastosi. 

Donne di Tehuantepec (1929)
Bambina che porta acqua (1928)










Sepolta nel Pantheon de Dolores (Città del Messico), sull’epitaffio della sua tomba sono scritti i primi versi della poesia di Pablo Neruda a lei dedicata“Tina Modotti hermana, no duermes no, no duermes talvez tu corazon oye crecer la rosa de ayer la ultima rosa de ayer la nueva rosa descansa dulcemente hermana. Puro es tu dulce nombre pure es tu fragil vida de abeja sombra fuego nieve silencio espuma de acero linea polen se construyo tu ferrea tu delgada estructura” 

Falce pannocchia cartuccera (1927)
(“Tina Modotti, sorella non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente sorella. Sul gioiello del tuo corpo addormentato ancora protende la penna e l’anima insanguinata come se tu potessi, sorella, risollevarti e sorridere sopra il fango”).

Mani di operaio (1927)
Campesinos alla parata del Primo Maggio (1926)
Giovani miliziani (Berlino 1930)

Miliziani (Spagna 1936)

Premessa: la figura femminile nell'arte


La donna, nell’arte, è sempre stata una musa ispiratrice. Uno dei soggetti più rappresentati, sempre vista come, agli antipodi, vergine oppure oggetto di desiderio e non c’è nessun artista che non l’abbia dipinta, scolpita o fotografata almeno per una volta. Ma le donne sono state nel corso della storia anche abili artiste e fondamentali mecenate. È stata Artemisia Gentileschi (1593-1653) - pittrice italiana appartenente alla scuola di Caravaggio - a introdurre il concetto che non solo gli uomini possono essere artisti. Da questo momento in poi la donna ha avuto un ruolo attivo anche se ha dovuto lottare contro chi lo trovava inopportuno e indegno. Inizialmente lasciata in ombra, è diventata, poco a poco e con non poca fatica, sempre più presente e importante nella scena culturale. In questa sezione del blog mi piacerebbe parlare di artiste del calibro dell’impressionista Berthe Morisot, Frida Kahlo, Tamara de Lempicka, Marina Abramovich, Jenny Saville. E poi la famosa Peggy Guggenheim ma anche la, forse meno nota ma non per questo meno importante, Gertrude Stein ed il suo salotto parigino. La stilista Madeleine Vionnet. Scriverò anche di donne fotografe come Julia Margaret Cameron, Dorothea Lange, Tina Modotti, Francesca Woodman, Sally Mann. Questi nomi per citarne alcune. La ragione di questa parte specifica del blog è perché ritengo (e non sono solo io a dirlo, ma lo dicono anche importanti critici) che la donna con la sua sensibilità, la sua forza e la sua visione del mondo ha completato quello che altrimenti sarebbe stato un panorama artistico solo “a metà”.