martedì 14 marzo 2017

Il post-impressionismo

Il post-impressionismo non è definibile come movimento artistico. In effetti è un’etichetta che viene utilizzata per racchiudere il periodo che va dagli ultimi vent’anni dell’800 agli inizi del 900 quando alcuni artisti che, avendo in comune l’allontanamento dall’impressionismo e dal naturalismo, danno vita ad opere dallo stile non omogeneo. Siamo di fronte ad un’arte che comunica e non riproduce la realtà visibile. La conseguenza di questo nuovo atteggiamento e di questa nuova funzione dell’arte porteranno all’Espressionismo da un lato e all’Astrattismo (la definitiva rottura con il reale e la sua rappresentazione) dall’altro. I maggiori rappresentanti di questo cambiamento sono Van Gogh, Gauguin e Munch (considerati i padri dell’Espresisonismo) ma anche Toulouse-Lautrec, Seurat e Cézanne. Le motivazioni all’origine dell’opera di questi pittori sono molto diverse, così come sono diversi i risultati ai quali giungono sia da un punto di vista di tecnica che di contenuto.

Vincent Van Gogh (1853-1890): di origine olandese, rappresenta il pittore maledetto per antonomasia. Dipinge per soli dieci anni e nelle sue opere emergono l’ansia, il tormento, il dramma e l’angoscia esistenziale, passando attraverso una pittura caratterizzata dai colori cupi de “I mangiatori di patate” e delle “scarpe” a quelli accesi del periodo trascorso in Francia, in particolar modo ad Arles. L’opera “I mangiatori di patate” (1885) fa parte della prima fase pittorica di Van Gogh ed è il periodo che coincide con la sua vocazione religiosa, i colori sono scuri e brunastri. Rappresentando una stanza, poco illuminata, con una famiglia seduta intorno ad un tavolo davanti ad una misera mensa, non è una denuncia sociale ma vuole esprimere unicamente la sua profonda solidarietà con i contadini che con umiltà e fierezza, allo stesso tempo, consumano i cibi che hanno prodotto con il loro lavoro. Un anno dopo nel 1886 dipinge “Un paio di scarpe” il cui soggetto sono appunto un paio di logori scarponi da lavoro che hanno lo stesso stile e lo stesso significato dell’opera menzionata in precedenza. Simboleggiando il lavoro e la fatica rappresentano allo stesso tempo la forza e la dignità delle operose persone che li hanno indossati. Completamente differenti le opera più note di Van Gogh, quelle in cui il giallo e le sue sfumature la fanno da padrone. Si assiste alla comparsa di un tratto nervoso, un cromatismo violento, un colore puro, accecante, che trasmette la sua sensibilità ma soprattutto le sue ossessioni per arrivare ad una esasperazione quasi allucinata. Oltre ai famosi Girasoli (che dipinge in serie) sono importanti  “Esterno il caffè di notte” (1888), “Notte stellata sul Rodano” (1888) “Notte stellata” (1889) e dello stesso periodo “Covoni in Provenza”, “Campo di grano con seminatore e sole che tramonta”, “La camera di Arles”, “Caffè di notte ad Arles”, “La casa gialla” e molti altri ancora.

I mangiatori di patate (1885)
Un paio di scarpe (1886)
Notte stellata (1889)
Caffè di notte ad Arles
(1888)

Paul Gauguin (1848-1903): è un pittore francese noto soprattutto per le sue fughe nelle isole del Pacifico del Sud. Nato a Parigi la sua vita è divisa tra Francia, Danimarca e paesi come Panama, Martinica e Tahiti. Al pari dei suoi contemporanei e conterranei usa la pittura per esprimere il suo malessere, alla continua ricerca di una soluzione all’insoddisfazione. Il suo fuggire dal mondo occidentale verso i paradisi esotici, in fondo, altro non è che la metafora, non finta ma reale, della continua ricerca della serenità. Inizialmente, tra il 1879 e il 1886, espone le sue opere nelle mostre degli impressionisti ma in seguito, superando gli sviluppi pittorici tipici di questa corrente, elabora una pittura più profonda sul piano espressivo dando un importante contributo alla pittura simbolista.
La tela di dimensioni monumentali dal titolo “Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?” (1897), costituisce una sorta di testamento spirituale di Gauguin che stanco, deluso e avvilito, decide di suicidarsi, dopo aver dipinto il quadro. Il suo fu probabilmente il gesto finale e categorico per tentare di fuggire veramente dalla realtà. Il suicidio però non riuscì. Già dal titolo, che pone tre fondamentali quesiti esistenziali, si comprende come la sua pittura, basata su figure mistiche e primitive, se pur d’impatto decorativo, dovuto all’utilizzo di colori puri e delineati, non si limita all’esteriorità, ma cerca di scavare nel profondo della dimensione umana. Il quadro, orizzontale, deve essere letto da destra verso sinistra. Attraverso questo percorso, che avviene in un giardino, che potrebbe essere l’Eden, le figure rappresentate indicano le "Allegorie delle età della vita" (da notare le somiglianze con il quadro di Klimt, “Le tre età della donna” 1905). Dal neonato nell’angolo a destra si arriva alla donna scura a sinistra passando attraverso le varie stagioni della vita. La donna al centro che raccoglie i frutti di un albero, e che divide il quadro in due, simboleggia, e ne è allegoria, del momento della procreazione. La donna in fondo a sinistra, nella sua posizione fetale con le mani accanto al volto, è simbolo non solo della vecchiaia ma soprattutto della paura della morte. In quest’opera viene evidenziato il senso di inquietudine, instabilità, fragilità dell’uomo e dell’autore stesso.

Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo? (1897)

Edvard Munch (1863-1944): nasce in Norvegia e svolge la sua attività soprattutto ad Oslo. Nella sua pittura vengono anticipati tutti i grandi temi dell’Espressionismo: l’angoscia esistenziale, la crisi dei valori etici e religiosi, la solitudine umana, la morte, l’incertezza del fututo e l’imbarbarimento della società borghese e militarista (dal punto di vista storico ricordiamo le due guerre mondiali e tutto ciò che ne è collegato). Tutta la sua opera è segnata dall’ossessione nei confronti della sorella malata che egli ritrae in molti dei suoi dipinti. Colori, espressioni e soggetti esprimono inquietudine e disperazione. Isolamento. Impossibilità di salvezza. Sogni ed incubi. Al pari degli altri pittori espressionisti è stato perseguitato dal regime nazista che dichiarò la sua opera “arte degenerata”.

L'urlo (1893)  “Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo... Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando. Questo è diventato L'urlo”    


Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901):
Jane Avril (1893)
vive la sua vita bohemien nel pittoresco e malfamato quartiere parigino di Montmartre - mondo equivoco fatto di bordelli e locali notturni - tra ballerine e prostitute che rappresentano i principali soggetti dell’artista. Attraverso le sue opere possiamo comprendere con chiarezza quel mondo trasgressivo e sregolato. Muore all’età di trentasette anni per problemi di alcolismo. Bravo disegnatore utilizza quella che viene definita “linea funzionale” grazie alla quale è in grado di disegnare con precisione ed espressività (importante la ricerca cromatica oltre che di segno deciso) forme, corpi e spazio. Altra sua caratteristica, che sarà poi sviluppata con il Liberty, è quella del manifesto d’autore soprattutto in occasione di spettacoli teatrali e di cabaret. Toulouse-Lautrec è una sorta di pubblicitario dell’epoca (da vedere le somiglianze e le differenze con Mucha).

Georges Seurat (1859-1891): è il pittore che porta all’estremo la tecnica pittorica degli impressionisti e lo fa scientificamente, utilizzando puntini di colori primari complementari accostati tra loro ad una specifica distanza, mai sovrapposti (da qui il termine di Puntinismo o Pointillisme). Si basa sulla teoria che i colori vicini si influenzano vicendevolmente aumentando la luminosità. Una caratteristica dei dipinti di Seurat è l’immobilità e la staticità dei soggetti e delle scene raffigurate (differenza importante rispetto all’impressionismo). Una sorta di tempo congelato. La sua opera più famosa è “Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte” (1886).

Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte (1886) 

Paul Cézanne (1839-1906): pittore francese che pur nascendo nella culla degli impresisonisti (partecipa infatti alla prima mostra, quella del 1874 presso lo stidio del fotografo Nadar) ha un rapporto distaccato da questo movimento e viene considerate il padre del cubismo. In effetti mentre gli impressionisti sono interessati ai fenomeni percettivi della luce e del colore, Cézanne cerca di sintetizzare le forme e lo spazio mediante l’utilizzo del solo colore, non perdendo di vista la realtà. Da qui il passo verso il cubismo sarà breve. (Da vedere anche il post relativo all’impressionismo).

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