domenica 29 gennaio 2017

Segantini. Ritorno alla Natura

Per la serie "La grande arte al cinema", nel mese di gennaio, è uscito nelle sale italiane il film-documentario "Segantini. Ritorno alla natura". Sessanta minuti in cui il regista Francesco Fei descrive vita, opere e poetica del pittore Giovanni Segantini. Il film, in parte romanzato, vede la partecipazione di Filippo Timi nel ruolo del pittore, l'intervento narrativo di Gioconda Segantini, cugina dell'artista, ed alcuni massimi esperti, in particolare Annie-Paule Quinsac, critica d’arte e curatrice della mostra "Segantini" inaugurata il 18 settembre 2014 al Palazzo Reale di Milano, ed il Professor Romano Turrini nato ad Arco (TN) dove ha svolto innumerevoli studi e ricerche che ne hanno illustrato e chiarito la storia.
E ad Arco, nel 1858, nasce anche Segantini. Di umili origini vive un’infanzia difficile, segnata dalla prematura morte della madre quando era ancora un bambino e dal conseguente affido ad una sorellastra (figlia di primo letto del padre), ancora accresciuta dallo sradicamento dal paese natale ed il trasferimento a Milano. Nel 1874, dopo aver trascorso un periodo in riformatorio, viene affidato al fratellastro che lo fa lavorare nel suo laboratorio fotografico. Questa nuova esperienza lo porterà ad iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Brera (fino al 1879). Inizia così la sua carriera, anche grazie al critico e mercante d’arte Vittore Grubicy che lo introduce nell’ambito delle esposizioni locali ed internazionali. In seguito, a causa di un problema di cittadinanza (era apolide poiché non è mai riuscito ad ottenere il passaporto per questioni burocratiche), e all’andamento altalenante delle sue finanze, nonostante il successo ottenuto con la sua pittura, si trasferirà in Svizzera con la moglie Bice ed i quattro figli. Tutto questo contribuirà a crearne il “mito”. Anticlericale ma molto religioso, vede nella natura il Dio a cui lui crede: “naturalismo e panteismo sono due termini della stessa equazione, lui va da una visione naturalista ad una visione, per questo, sempre più simbolista” (Annie-Paule Quinsac). Con il passare degli anni la sua poetica ed il suo modo di dipingere subiscono un’evoluzione ed i paesaggi Alpi, da lui ripetutamente dipinti, diventano da luoghi naturali a luoghi della mente, intimi ed interiori. Utilizza tutte le tecniche a lui contemporanee, naturalismo, divisionismo, simbolismo nonché la ripresa delle tecniche antiche. I colori puri, in singole linee che interagiscono fra di loro in senso ottico, mai mischiati sulla tavolozza, sono una caratteristica del Segantini e conferiscono alle sue opere una ben precisa ed inequivocabile luminosità. Per lui la luce non è solo un fenomeno naturale ma gli attribuisce un valore simbolico poetico, spirituale.
Soggetto tipico del suo simbolismo è la natura identificata come madre e matrigna, dispensatrice di vita e amore oppure di morte e distruzione. 
Mi pare importante citare, allo scopo di comprendere meglio, “Le due madri” (1889 - Galleria d’arte moderna, Milano) dove viene espresso il parallelismo tra la maternità animale e quella umana.

(Le due madri - 1889)
I colori dalle calde tonalità e la sapiente resa della luce artificiale, dovuta alla raffigurazione di una lanterna ad olio, creano un ambiente intimo ed accogliente che evidenzia ancor di più l’immagine delle due madri, entrambe vicine, ma quasi incuranti della loro prole, che è calma e docile, (la contadina assonnata e la mucca che si nutre nella mangiatoia) seppur entrambe presenti come evidenzia la luce che illumina le mani che abbracciano il bimbo e le mammelle che serviranno per nutrire il vitellino. Un clima sereno. Rilassate e rassicurante. Diversa è l’atmosfera ed il significato de “Le cattive madri” (1894 - Kunsthistorisches Museum, Vienna).

(Le cattive madri - 1894)
In questo dipinto, che fa parte di un ciclo di quattro opere, siamo immersi nel periodo Simbolista di Segantini. Egli è considerato uno dei massimi esponenti di questo movimento artistico. Il paesaggio svizzero, in Engadina è innevato. Nelle Alpi svizzere l’artista trae ispirazione dal paesaggio montano. La natura viene osservata in modo analitico ma grazie all’intensa luminosità ed al modo di catturarla si trasforma sulla tela in contenuto altamente simbolico. Sullo sfondo dell’opera appena citata appaiono le montagne mentre in primo piano un albero secco sorregge, imprigionandola, una sensuale figura femminile dai lunghi capelli rossi aggrovigliati ai rami. È seminuda ed ha aggrappato al seno un bimbo. Quello che colpisce, al di là della tecnica pittorica, è il significato che rimanda ad una visione dantesca del purgatorio. Colei che ha rifiutato la maternità deve scontarne la pena. La redenzione della donna può avvenire solo attraverso l’accettazione della maternità qui simboleggiata dal cordone ombelicale che unisce madre e bambino. Non c’è però certezza giacché la prima sembra in parte accettare ed in parte rifiutare tale condizione.
Il 28 settembre del 1899, a causa di una peritonite, Segantini muore sul monte Schafberg, dal quale si domina l'intera alta Engadina. Stava lavorando alla “Natura”, parte centrale de “Trittico dell’Engladina”, opera rimasta incompiuta. Oggi la sua tomba si trova nel piccolo cimitero di Maloja (luogo dove di era trasferito nel 1894) nella stessa valle.

Questi sono solo due dei tanti dipinti descritti nel film-documentario che ci fornisce i giusti strumenti per sollecitare il nostro interesse su un grande pittore del XIX secolo. Spero che a breve sia disponibile il DVD…

martedì 24 gennaio 2017

Mostra fotografica: "Da Trieste alla Luna in stereo3D: vedere il mondo e restargli nascosto"

Sono andata a visitare “Da Trieste alla Luna in stereo3D: vedere il mondo e restargli nascosto”… se siete a Trieste o vi trovate nei paraggi, fino al 19 febbraio 2017 a Palazzo Gopcevich (palazzo storico, costruito tra il 1847 e il 1850 su progetto di Giovanni Berlam in puro stile eclettico, che si affaccia sul Canale) potrete ammirare una mostra fotografica che considero interessante e divertente.
Ben strutturata, si possono non solo ammirare fotografie esposte alle pareti ma anche, attraverso l’uso di semplici e maneggevoli occhialini, guardare molte fotografie in stereoscopia.
Inoltre, molto importante, si può comprendere la storia di questa tecnica nonché divertirsi a leggere riproduzioni di un giornale dell’epoca. Si tratta de “Il Diavoletto”, primo periodico illustrato triestino, uscito dalla tipografia del Lloyd Austriaco nel 1848 che sarà stampato fino al 1870, il quale si definisce “diabolico, politico, umoristico, comico, critico e se occorre pittorico”. Gli annunci pubblicitari che forniscono servizi fotografici e strumentazione all’avanguardia sono davvero spassosissimi…
“Stereoscopi acromatici (con quattro lenti, costruiti dal sottoscritto) i quali rappresentano l’oggetto in forma e grandezza naturale. Il più interessante di quest’avviso è, che il sottoscritto acquistò (en bloc) da uno dei primarii fotografi di Parigi, il quale ritrasse dal commercio, una fortissima partita di vedute in vetro, carta laminata argentata d’ogni qualità, al 50 per cento sotto il prezzo finora praticato, e ad eguali prezzi verrà il tutto venduto tanto al minuto che all’ingrosso. Chi desidera acquistare roba scelta e buonissimi prezzi, tali che nessuno può certissimo fare, è pregato di portarsi dal sottoscritto”… questo un esempio di pubblicità dell’epoca.
Ma cos’è la stereoscopia? Molti tra gli appassionati di fotografia lo sapranno ma per i non fotografi proverò a darne la spiegazione. E’ l’antesignana, l’anticipatrice del 3D… infatti attraverso l’uso di un apposito strumento chiamato stereoscopio e coppie di fotografie, leggermente diverse tra loro, è possibile dare ad una immagine piana l’effetto della tridimensionalità, in analogia alla visione binoculare del nostro sistema visivo. L’invenzione dello stereoscopio, nel 1832, si deve a Sir Charles Wheatstone ma il brevetto risale al 1838 (pertanto antecedente rispetto al 7 gennaio del 1839 data in cui fu resa pubblica l’invenzione del dagherrotipo all’Accadémie  des Sciences). In pratica per ottenere l’effetto desiderato occorre fare in modo che, simultaneamente, ogni occhio veda una sola immagine e che la distanza tra le due deve essere pari alla distanza tra le pupille (distanza inter-pupillare che nell’uomo è circa 6 cm), in questo modo il nostro cervello è in grado di ricostruire una sola immagine.
Le prime immagini sono uniche, non riproducibili, ma a partire dalla fine del 1800 si assiste alla loro diffusione: fotografie stereoscopiche su cartoncini di piccole dimensioni che rappresentano principalmente paesaggi e monumenti destinati ai turisti ma anche soggetti naturalistici e didattici, nonché immagini erotiche da collezione.
Nella mostra si possono ammirare vedute e palazzi di Trieste, le città italiane del Grand Tour e poi l’Europa, l’Oriente, l’Occidente e persino “Il bacio nella luna” di Filippo Zamboni.
Sono visibili anche diversi tipi di stereoscopi ed è possibile osservare un panorama tridimensionale attraverso gli oculari di uno “stereoscopio di legno a colonna da tavolo” prodotto dall’ottico di Trieste Giacomo Weiss (ante 1904).

Trieste - Palazzo Gopcevich – Sala Selva, via Rossini 4
(Area Cultura Fototeca dei Civici Musei di storia e Arte)
Dal 21 dicembre 2016 al 19 febbraio 2017
Martedì-Domenica dalle ore 10.00 alle ore 17.00 (Lunedì chiuso) 
Ingresso gratuito

lunedì 23 gennaio 2017

La copertina del libro Matite colorate - Appunti d'arte

In questo post voglio spiegarvi qualcosa di più del libro "Matite colorate - Appunti d'arte". Per quanto riguarda la copertina, innanzitutto desidero ringraziare il fotografo Silvano Matkovich (come me fa parte del Circolo Fotografico Fincantieri-Wärtsilä di Trieste) che dopo aver letto la bozza definitiva del libro ha pensato, ideato e realizzato la fotografia utilizzata.
Ma che cosa significa questa copertina? Innanzitutto è una fotografia, o meglio sono due, una fronte ed una retro. La scelta compositiva vuole rappresentare sia la parte romanzata del libro che quella riguardante la storia dell'arte. In particolare la prima è caratterizzata da due soggetti: la figura femminile seduta ad un tavolo (che potrebbe rappresentare un tavolo all'interno di un caffè letterario) e la presenza predominante in primo piano delle matite colorate che, oltre a dare titolo al meta-romanzo, sono un elemento fondamentale della narrazione. La storia dell'arte viene rappresentata per mezzo del poster raffigurante una copia di un dipinto di Renè Magritte (uno dei massimi esponenti del Surrealismo). Interessante il confronto tra il dipinto e la scena reale dove si assiste ad una inversione delle posizioni e delle dimensioni dei due elementi: mela-tavolo, tavolo-mela. Da sottolineare che la mela rappresenta il simbolo della conoscenza e pertanto ben si sposa con il contenuto scritto. Inoltre sul retro della copertina ci sono i semini della mela, come ad indicare che alla fine della lettura la mela è stata mangiata e quindi ci siamo nutriti di sapere. Per rendere divertente e straniante (lo straniamento è un elemento caratteristico del Surrealismo) la fotografia, è stata aggiunta una mano nel gesto di afferrare il libro, come se un ipotetico lettore lo tenesse, per guardarlo. Questo è accentuato dalle dita che si trovano anche nel retro della copertina. E’ divertente notare che quasi tutte le persone hanno posizionato la loro mano esattamente dove è quella raffigurata… il nostro scopo è stato raggiunto...
Mi preme precisare ancora una cosa. Importantissima! Perché la scelta di una fotografia come copertina? La ragione è semplice: benché io sia anche appassionata di fotografia, essendo inoltre circondata da persone per me importanti che fanno parte di questo mondo, nel libro ho parlato poco di fotografia. Solo qualche accenno e qualche nome di autore (nemmeno tra i più famosi e noti), ma la fotografia, seppur con una partenza difficile, è ormai considerata Arte (con la A maiuscola) e pertanto nel libro, dandole un ruolo di primo piano, come è quello di una copertina, ho voluto darle un valore aggiunto. Evidenziarne l'importanza e la capacità espressiva e di comunicazione attraverso i soggetti ed i simboli rappresentati. Come la pittura, la scultura, la musica, anche la fotografia parla senza l'uso delle parole, è un linguaggio universale, ed oggi è forse uno dei mezzi di comunicazione più espressivi ed utilizzati.

Se non ve ne foste accorti in copertina ci sono io… e la considero un bellissimo ritratto perchè mi riconosco appieno…

sabato 14 gennaio 2017

Libro: Matite colorate - Appunti d'arte



Una storia, le vite di tre ragazzi che si intrecciano, diventa il pretesto per un viaggio nell'arte, in particolare per descrivere il periodo che va dall’Impressionismo fino alla fine del XX secolo. 
Il libro (edito da Linea Edizioni, Padova) è composto, in ogni capitolo, da una parte romanzata ed una dedicata alla storia dell’arte. Il romanzo parla della storia di una donna, Matilde, la cui vita si intreccia con quella di altri due ragazzi. E' un racconto di speranze ed emozioni che indaga la psicologia dei personaggi alla ricerca della loro identità, di loro stessi. Quello che li accomuna è scoprirsi appassionati dell'arte e della sua storia. Questo mi ha dato la possibilità di creare un collegamento tra le due sfaccettature del libro. L'arte in generale (che sia pittura, scultura, fotografia, musica, scrittura) è un mezzo di salvezza. L'arte aiuta, sia chi ne usufruisce che chi ne è artefice, a sopravvivere, ad esternare emozioni e sentimenti. Aiuta a trovarsi o ri-trovarsi. Come ha detto in una famosa frase George Bernard Shaw: "Si usa uno specchio di vetro per guardarsi il viso e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima". Inoltre è mezzo per condividere con gli altri ed anche un mezzo di denuncia. Il mio intento, durante la stesura del testo, è stato quello di far emergere questi aspetti. La parte di storia dell'arte è un viaggio che desidera riflettere su un periodo affascinante, ricco di cambiamenti e rivoluzioni, che va dall'impressionismo ai giorni nostri, descrivendone i movimenti artistici e inquadrandoli nel momento storico. Ho cercato di spiegare le motivazioni che hanno portato gli artisti a tali e tanti cambiamenti. Fattori determinanti per poter comprendere in modo pieno la Storia dell'Arte.
La foto di copertina è stata ideata e realizzata da Silvano Matkovich.