mercoledì 15 marzo 2017

Espressionismo tedesco e Nuova oggettività

L’Espressionismo, che nasce nel 1905, è un movimento artistico facente parte delle avanguardie storiche, in cui prevale la deformazione (caratteristica principale) di alcuni aspetti della realtà, in modo da evidenziare i valori espressivi ed emozionali. E’ un movimento di protesta e critica. Le due culle sono la Francia (Parigi) con il movimento definito dei “Fauves” (belve, in francese) e la Germania (Dresda e in minor misura Berlino) con il “Die Brücke” o movimento de “Il ponte”. Questi sfociano rispettivamente nel “Cubismo” (1907) e nei movimenti “Der Blaue Reiter” o “Il cavaliere azzurro” (1911) e la “Nuova oggettività” (1919-1933). Le caratteristiche principali sono: soggettività, anti-positivismo, anti-naturalismo e anti-impressionismo. E’ arte di opposizione, è un’arte difficile da racchiudere in una definizione data la sua complessità e la sua estesa collocazione geografica. L’Espressionismo dal punto di vista pittorico, elimina la prospettiva ed è contraddistinto dalla durezza del segno (è come un’incisione sul legno, una xilografia). I colori sono violenti e mancano le sfumature. In Francia ed in Germania queste caratteristiche, pur essendo le stesse, vengono espresse in modo diverso. In Francia sono meno nette, in Germania molto più decise, più marcate e rappresentano una feroce polemica sociale basata sulla storia contemporanea dove l’alienazione e la solitudine hanno un ruolo importante. Pur ponendosi in contrapposizione all’Impressionismo, l’Espressionismo rimane sempre un movimento che si basa sulla realtà; è il modo di approcciarla che cambia, nel primo caso viene affrontata con l’oggettività mentre nel secondo con la soggettività e l’azione. Al contrario, non ci sono legami con il Simbolismo e con la visione della realtà attraverso l’evasione e il sogno. I principali padri precursori sono: Gauguin, Van Gogh, Munch ed Ensor.
Il gruppo dei Fauves non è omogeneo e non ha un programma definito, la polemica sociale è implicita nella poetica in cui il colore (usato puro e con una violenza spregiudicata) ha un ruolo fondamentale diventando il principale mezzo espressivo. Di questo gruppo fa parte Matisse. I principali protagonisti dell’Espressionismo tedesco sono Oskar Kokoschka, Egon Schiele, Ernest Ludwig Kirchner e Emil Nolde. In essi sono presenti: la violenza cromatica e la deformazione caricaturale, ma in più vi è una forte carica di drammaticità. Prevalgono sempre temi quali il disagio esistenziale, l’angoscia psicologica, la critica ad una società borghese ipocrita e ad uno stato militarista e violento. Diverso è il movimento de “Il cavaliere azzurro” i cui fondatori sono Wassilj Kandinskij e Franz Marc. Con questo movimento l’Espressionismo prende una svolta decisiva. Nasce un’arte dove è possibile ignorare totalmente la realtà. Da qui, ad una pittura totalmente astratta, il passo è breve. Ed infatti fu proprio Wassilj Kandiskij il primo pittore a scegliere la strada dell’astrattismo totale. Il gruppo Der Blaue Reiter si disgrega in breve tempo; l’ultima mostra è quella del 1914. Al termine della prima guerra mondiale che vede la sconfitta dei tedeschi, in Germania nasce la Repubblica di Weimar (1919-1933) che prende il nome dalla città omonima dove un’assemblea nazionale redige una nuova costituzione. In questo periodo l’attività culturale, che segue il filone socialista e democratico, esplode e nasce la “Nuova oggettività” detta anche Espressionismo realista, l’ultima propaggine dell’Espressionismo tedesco. Nella Germania post-conflitto gli artisti (pittori, letterati, poeti, registi e musicisti) esprimono nelle loro opere i dolori, i disastri e le atrocità della guerra che si ripercuotono nel fisico e nella mente quindi non solo con amputazioni ma anche con un aumento della malvagità dell’uomo. Alcuni nomi su tutti sono Otto Dix, George Grosz e Max Beckmann. Molto importante e noto il fotografo August Sander. Le opera degli espressionisti sono considerate dai Nazisti “arte degenerata”.
H. Matisse "La danza" (1910)
E. Nolde
"Natura morta con maschere III"
(1911)
E.L. Kirchner
"Postdamer plats"
(1914)

O. Dix
"Il venditore di fiammiferi"
(1921)
G. Grosz
"I pilastri della società"
(1926)












Oskar Kokoschka (1886-1980) pittore austriaco che, allievo di Gustave Klimt, si allontana dalla Secessione Viennese per aderire all’Espressionismo. Le sue opere si allontanano dall’ideale di bellezza e di grazia, al contrario sono dure ed incisive. Una litografia che ben descrive la sua cifra stilistica è “Pietà” del 1909: “L’uomo è rosso sangue, il colore della vita, ma egli è morto sulle ginocchia di una donna che è bianca, il colore della morte” dice l’autore descrivendo il dipinto.
Pietà (1909)
Questa litografia descrive una donna che tiene un uomo ma, nonostante il titolo possa ingannare, è molto lontano da quello che rappresenta l’omonima statua di Michelangelo in San Pietro. In Kokoschka è la rappresentazione lugubre di una donna dai tratti incisivi, gli occhi piccoli, neri ed incavati, gli zigomi pronunciati e il corpo muscoloso, che le danno una fisicità mascolina, e l’incarnato bianco, che si contrappone al corpo rosso e deformato di un uomo che ne è la vittima. In quest’opera viene descritta la brutalità, la ferocia e l’imbruttimento della società tedesca dell’epoca, espressa anche nelle altre opere citate e in tutte quelle dei pittori aderenti a questo movimento. Diventa primo illustratore della rivista “Der Sturm” fondata nel 1910.

Egon Schiele (1890-1918): “L’artista è l’espressione della sua epoca, rivela un frammento della propria vita. E lo fa sempre attraverso una profonda esperienza vissuta” dice lo stesso artista considerato uno dei migliori disegnatori di tutti i tempi che, dopo essere rimasto orfano, dopo essersi iscritto all’accademia di belle arti di Vienna, dopo aver conosciuto Klimt ed aver aderito alla secessione vienese, nel 1909 si distacca dal decorativismo per accostarsi in modo del tutto personale all’Espressionismo. La morte del padre, un’amante minorenne (Wally Neuzil), una moglie (Edith Harms), la prigione, la guerra, la perdita del figlio e della moglie incinta. Vive gran parte della sua esistenza in povertà e muore a soli 28 anni dopo una vita da incompreso ed alienato. Al centro della sua opera c’è l’essere umano: autoritratti e nudi femminili in cui il tratto è secco, nervoso e deciso. Spesso corpi non finiti, mani (una caratteristica tipica della sua opera) dove la deformazione rappresenta il dolore, la sofferenza, la malinconia. Corpi e volti carichi di espressività. Figure spigolose, contorte, spesso in pose quasi improbabili. Non rappresenta corpi belli ed armoniosi, al contrario corpi disarmonici. Tutto fa emergere l’interiorità, il disagio, la sessualità, la morte, l’inconscio, la passione, la malattia. Opere che sono state definite scandalose, provocanti ed inquitanti dove emerge l’io dell’artista.
Autoritratto (1910)
Nudo femminile (1914)
La madre morta (1910)

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