Per la serie "La
grande arte al cinema", nel mese di gennaio, è uscito nelle sale italiane
il film-documentario "Segantini. Ritorno alla natura". Sessanta
minuti in cui il regista Francesco Fei descrive vita, opere e poetica del
pittore Giovanni Segantini. Il film, in parte romanzato, vede la partecipazione
di Filippo Timi nel ruolo del pittore, l'intervento narrativo di Gioconda
Segantini, cugina dell'artista, ed alcuni massimi esperti, in particolare
Annie-Paule Quinsac, critica d’arte e curatrice della mostra
"Segantini" inaugurata il 18 settembre 2014 al Palazzo Reale di
Milano, ed il Professor Romano Turrini nato ad Arco (TN) dove ha svolto innumerevoli
studi e ricerche che ne hanno illustrato e chiarito la storia.
E ad Arco, nel 1858,
nasce anche Segantini. Di umili origini vive un’infanzia difficile, segnata dalla
prematura morte della madre quando era ancora un bambino e dal conseguente affido
ad una sorellastra (figlia di primo letto del padre), ancora accresciuta dallo
sradicamento dal paese natale ed il trasferimento a Milano. Nel 1874, dopo aver
trascorso un periodo in riformatorio, viene affidato al fratellastro che lo fa
lavorare nel suo laboratorio fotografico. Questa nuova esperienza lo porterà ad
iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Brera (fino al 1879). Inizia così la
sua carriera, anche grazie al critico e mercante d’arte Vittore Grubicy che lo
introduce nell’ambito delle esposizioni locali ed internazionali. In seguito, a
causa di un problema di cittadinanza (era apolide poiché non è mai riuscito ad
ottenere il passaporto per questioni burocratiche), e all’andamento altalenante
delle sue finanze, nonostante il successo ottenuto con la sua pittura, si
trasferirà in Svizzera con la moglie Bice ed i quattro figli. Tutto questo contribuirà
a crearne il “mito”. Anticlericale ma molto religioso, vede nella natura il Dio
a cui lui crede: “naturalismo e panteismo
sono due termini della stessa equazione, lui va da una visione naturalista ad
una visione, per questo, sempre più simbolista” (Annie-Paule Quinsac). Con il passare degli anni la
sua poetica ed il suo modo di dipingere subiscono un’evoluzione ed i paesaggi Alpi,
da lui ripetutamente dipinti, diventano da luoghi naturali a luoghi della
mente, intimi ed interiori. Utilizza tutte le tecniche a lui contemporanee,
naturalismo, divisionismo, simbolismo nonché la ripresa delle tecniche antiche.
I colori puri, in singole linee che interagiscono fra di loro in senso ottico,
mai mischiati sulla tavolozza, sono una caratteristica del Segantini e
conferiscono alle sue opere una ben precisa ed inequivocabile luminosità. Per
lui la luce non è solo un fenomeno naturale ma gli attribuisce un valore
simbolico poetico, spirituale.
Soggetto tipico del suo
simbolismo è la natura identificata come madre e matrigna, dispensatrice di vita
e amore oppure di morte e distruzione.
Mi pare importante citare, allo scopo di
comprendere meglio, “Le due madri” (1889 - Galleria d’arte moderna, Milano)
dove viene espresso il parallelismo tra la maternità animale e quella umana.
I colori dalle calde
tonalità e la sapiente resa della luce artificiale, dovuta alla raffigurazione
di una lanterna ad olio, creano un ambiente intimo ed accogliente che evidenzia
ancor di più l’immagine delle due madri, entrambe vicine, ma quasi incuranti della
loro prole, che è calma e docile, (la contadina assonnata e la mucca che si
nutre nella mangiatoia) seppur entrambe presenti come evidenzia la luce che
illumina le mani che abbracciano il bimbo e le mammelle che serviranno per
nutrire il vitellino. Un clima sereno. Rilassate e rassicurante. Diversa è
l’atmosfera ed il significato de “Le cattive madri” (1894 - Kunsthistorisches
Museum, Vienna).
In questo dipinto, che
fa parte di un ciclo di quattro opere, siamo immersi nel periodo Simbolista di Segantini.
Egli è considerato uno dei massimi esponenti di questo movimento artistico. Il
paesaggio svizzero, in Engadina è innevato. Nelle Alpi svizzere l’artista trae
ispirazione dal paesaggio montano. La natura viene osservata in modo analitico ma
grazie all’intensa luminosità ed al modo di catturarla si trasforma sulla tela
in contenuto altamente simbolico. Sullo sfondo dell’opera appena citata
appaiono le montagne mentre in primo piano un albero secco sorregge,
imprigionandola, una sensuale figura femminile dai lunghi capelli rossi
aggrovigliati ai rami. È seminuda ed ha aggrappato al seno un bimbo. Quello che
colpisce, al di là della tecnica pittorica, è il significato che rimanda ad una
visione dantesca del purgatorio. Colei che ha rifiutato la maternità deve
scontarne la pena. La redenzione della donna può avvenire solo attraverso l’accettazione
della maternità qui simboleggiata dal cordone ombelicale che unisce madre e
bambino. Non c’è però certezza giacché la prima sembra in parte accettare ed in
parte rifiutare tale condizione.
Il 28 settembre del 1899,
a causa di una peritonite, Segantini muore sul monte Schafberg, dal quale si
domina l'intera alta Engadina. Stava lavorando alla “Natura”, parte centrale de
“Trittico dell’Engladina”, opera rimasta incompiuta. Oggi la sua tomba si trova
nel piccolo cimitero di Maloja (luogo dove di era trasferito nel 1894) nella
stessa valle.
Questi sono solo due dei
tanti dipinti descritti nel film-documentario che ci fornisce i giusti
strumenti per sollecitare il nostro interesse su un grande pittore del XIX
secolo. Spero che a breve sia disponibile il DVD…
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