mercoledì 12 aprile 2017

Il Surrealismo

Partiamo dalla definizione della parola sogno. Secondo il dizionario della lingua italiana deriva dal latino somnĭu(m) che ha origine dalla parola mnus ossia sonno ed è una attività psichica che ha luogo durante il sonno, caratterizzata da emozioni, percezioni e pensieri che si strutturano in una successione di immagini generalmente non regolata dalla logica o dalle normali convenzioni sociali, anche se apparentemente reale. Sogni nel cassetto ossia progetti, fantasie, desideri non realizzati o irrealizzabili.” Nel 1899 (ma datato 1900) Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi, scrive un complesso saggio dal titolo “L’interpretazione dei sogni” e la sua teoria parte dalla considerazione che i sogni sono desideri inconsci, desideri che durante il sonno, essendo meno controllati dalla coscienza, sono fortificati e quindi possono emergere. Il Surrealismo è l’avanguardia storica che ricerca il rapporto tra sogno e realtà ed il suo teorico è il francese, poeta e critico d’arte, André Breton (1896-1966), che ne redige i manifesti, il primo nel 1924 ed il secondo nel 1928. E’ un’arte figurativa ma non naturalistica; un’arte che non nega la realtà ma la muta. Lo scopo è la trasformazione delle immagini che porta an una diversa realtà, la surrealtà. Breton definisce il Surrealismo come un “automatismo psichico puro” poiché, egli afferma, nel sonno e durante il sogno siamo liberi dai freni inibitori, dalla razionalità e dalla morale. Ha origine da una propaggine del Dadaismo, di cui mantiene molte delle caratteristiche quali il ready-made, l’automatismo, il fotomontaggio, il collage ed il frottage. Non esiste un solo surrealismo infatti, partendo dai concetti base, ogni artista li rielabora in modo personale, soggettivo. A differenza del Dadaismo, caratterizzato dal rifiuto totale e dall’azzeramento del passato, il Surrealismo contrappone la ricerca affidandosi alla psicologia e alla filosofia (Freud e Marx, sogno e realtà, libertà individuale e libertà sociale). Dal punto di vista tecnico ci sono due elementi distintivi: gli accostamenti inconsueti che portano ad una visione inattesa della realtà e le deformazioni irreali che però non sono caricature (come avviene nella pittura espressionista) ma rappresentano la metamorfosi ossia la trasformazione di un oggetto in un altro. Di fondamentale importanza è la libertà, ossia l’automatismo che permette di non pensare, di essere istintivi e di fare scattare il meccanismo psichico. Nel manifesto troviamo scritto: “Scrivete rapidamente, senza un soggetto predisposto, tanto rapidamente da non fermarvi e non essere tentati di rileggere”. Questo, in effetti, ricorda la poetica dadaista ed il suo concetto del caso e può essere attuato facilmente nella scrittura, ma come è possibile usare lo stesso metodo nella pittura? Proprio perchè il Surrealismo è un’arte di tipo figurativo, l’oggetto e la sua rappresentazione hanno un ruolo importante, ma non si parla più di una riproduzione simile alla realtà, cioè tradizionale, bensì di una decontestualizzazione dell’oggetto, in grado di provocare lo straniamento dello spettatore, attraverso l’accostamento di realtà oppure oggetti tra loro apparentemente non conciliabili. L’immagine surrealista pertanto va contro l’identità, si ottiene un cambiamento del significato. E’ questo che scatena l’immaginazione portandola nella via dei sogni e dell’allucinazione, infrangendo le regole e approdando in un mondo meraviglioso in cui sogno e realtà si fondono. Vari sono gli esponenti di questo movimento alcuni importanti nomi sono: René Magritte (1898-1967), Salvator Dalì (1904-1989), Max Ernst (1891-1976), i fotografi Man Ray (1890-1976) e Claude Cahun (1894-1954), e poi Meret Oppenheim (1913-1985), Juan Mirò (1893-1983), Marc Chagall (1887-1985) e Frida Kahlo (1907-1954).
René Magritte: nasce in Belgio dove rimane per tutta la sua vita (solo alcuni anni trascorsi a Parigi). In Magritte osserviamo l’accostamento insolito di significati e oggetti (ripresa anche da Duchamp) e la negazione di fronte alla loro evidenza. L’esempio più rappresentativo è la famosa opera “La trahison des images” (“Il tradimento delle immagini” del 1928-1929) in cui la frase “Ceci n’est pas un pipe” (“Questa non è una pipa”) viene scritta sotto una pipa dipinta in maniera assolutamente realistica. Questo sta a significare che noi non vediamo una pipa ma la sua rappresentazione. Di rilevante importanza sono le metamorfosi un esempio il dipinto in cui gli uccelli prendono forma di foglia (“Le grazie naturali” del 1963). Importante la presenza nei suoi dipinti di persone il cui volto non è visibile perché coperto, oppure mascherato. Ricordiamo “La grande guerra” (1964, collezione privata) in cui il volto di un uomo, rappresentato con giacca, cravatta e bombetta (figura ricorrente nei dipinti di Magritte), è coperto quasi completamente da una mela verde, al centro del quadro, stando a significare che ogni cosa che noi vediamo ne nasconde un’altra. In effetti noi sappiamo che dietro la mela c’è un volto e secondo il pensiero dell’artista tutti siamo interessati a vedere quello che non si vede, quello che è nascosto. Il titolo rievoca la grande guerra che è stata la guerra delle trincee dove l’uomo è stato annullato, cancellato, come il volto dietro il frutto. Simile “L’uomo con la bombetta”, dello stesso anno, in cui il viso è nascosto da una colomba. Molto interessante “Gli amanti” (due versioni entrambe del 1928): in questo caso sono raffigurati due volti, in cui chiaramente si distinguono un uomo e una donna entrambi con il volto coperto da due lenzuoli che nascondono i lineamenti. Le interpretazioni date a questo dipinto sono varie. L’impossibilità di comunicazione, dovuta alla copertura dei volti, è il significato secondo il volere dell’artista. Un altro dipinto che voglio menzionare è “Lo stupro” (1934) dove un corpo femminile assume le sembianze di un volto con gli occhi, il naso e la bocca. Guardando questo volto noi vediamo un oggetto del desiderio. Un’immagine efficace, che non ha bisogno di tante spiegazioni. Con “L’impero delle luci” (1954), Magritte dipinge la contrapposizione tra luce e buio, tra giorno e notte, sole ed oscurità che vengono rappresentati simultaneamente a indicare un ossimoro con lo scopo di creare un effetto di spaesamento dello spettatore a seguito della vista di due momenti diversi e opposti tra loro. La scena è infatti divisa in due metà, quella superiore in pieno giorno e quella inferiore di notte.

R. Magritte
A
trahison des images
(1928- 1929)
    
R. Magritte
Gli amanti (1928)













R. Magritte Golconda
(1953)
    
R. Magritte
Il figlio dell'uomo
(1964)















Salvator Dalì: personaggio assolutamente eccentrico, la sua l’autobiografia si intitola “Diario di un genio”). Pittore, scultore, scrittore, designer, sceneggiatore, attore, possiede tutte le caratteristiche dell’artista surrealista. Seguendo le teorie di Sigmund Freud, Dalì si discosterà e supererà le teorie surrealiste di Breton. I suoi dipinti sono infatti allucinazioni iperrealistiche create attraverso il metodo da lui stesso definito “metodo paranoico-critico”. Sono famosi “La persistenza della memoria” detta anche “Orologi molli” (1931) e “La disgregazione della persistenza della memoria” (1954), con la rappresentazione dei suoi orologi dalla forma disciolta, a significare che il tempo non segue regole definite. Importante il dipinto del 1937 “La metamorfosi di Narciso” (mostrato a Freud in occasione di un loro incontro, l’unico, avvenuto a Londra nel 1938). In questo dipinto viene raffigurato il mito di Narciso.  

S. Dalì 
Orologi molli Persistenza della memoria  (1931)    
S. Dalì 
La metamorfosi di Narciso ( 1937)    
 








Nel dipinto l’utilizzo del metodo critico-paranoico consiste nel guardare un oggetto e vederne uno diverso che viene raffigurato sulla tela. Il dipinto va letto la sinistra a destra, al centro della scena Narciso è vicino ad uno specchio d’acqua dove si vede anche il suo riflesso. Da qui inizia la trasformazione, infatti, sulla destra del quadro si vede una statua in pietra la cui sagoma somiglia a Narciso. Le sembianze però, a seguito della metamorfosi, sono quelle di una grande mano che tiene un uovo dal quale germoglia e sboccia un fiore, o meglio un narciso. Da sinistra verso destra anche i colori mutano e dal caldo dei gialli si arriva al freddo dei grigi, forse a rappresentare la morte. Molte altre sono le opere dell’artista nel corso della sua vita, molto longeva. Di interessa anche le statue e i dipinti raffiguranti donne con i cassetti, il primo del 1937. L’idea nasce dalle teorie di Freud che vengono interpretate considerando il corpo dell’uomo come pieno di cassetti contenenti segreti che attraverso la psicanalisi possono essere aperti. Da qui la rappresentazione della donna contenitore e la donna che rivela il suo interiore con i cassetti aperti. Interessante per comprendere l’eccentricità del “genio” è la sua casa-museo e la sala dedicata a Mae West (attrice, diva e sex simbol dell’epoca). Entrando nella stanza si notano due quadri raffiguranti dei paesaggi collocati ai lati di un caminetto sul quale è presente un orologio mentre al centro della stanza è posizionato un divano rosso a forma di labbra, importante la presenza di grandi tende. Fino a qui nulla di strano ma se si guarda la stanza da un’altra prospettiva ci si accorge che la stanza rappresenta il viso dell’attrice con il naso-caminetto e il divano-bocca, gli occhi sono i quadri e le tende i capelli… insomma il visitatore sta camminando dentro il viso della donna. Una vera e propria installazione artistica. Dalì partecipa, e ne è anche sceneggiatore, al cortometraggio della durata di 16 minuti dal titolo “Un Cane Andaluso” (film del 1929 di Luis Bunel) che rappresenta il manifesto del Surrealismo francese.
Joan Mirò: pittore, scultore, ceramista spagnolo. Rappresenta uno degli esponenti meno figurativi di questa avanguardia, la sua pittura è più vicina all’astrattismo. Partendo dalla rappresentazione del reale in “La Fattoria” (1921-1922), arriviamo a “Il carnevale di arlecchino” (1924) in cui si riconoscono, fluttuanti nell’aria, elementi reali tra elementi che simboleggiano quelli reali. Tale opera è precedente al manifesto programmatico scritto da Breton. A seguito di questo dipinto le sue opere sono sempre più marcatamente oniriche.
Marc Chagall: artista bielorusso di origine ebraica trascorse i suoi primi anni nel quartiere ebreo della città di Vitebsk nell'osservanza delle tradizioni della sua religione. Chagall eredita dall’ebraismo la nostalgia di un popolo esule, il misticismo, l’aspirazione verso qualcosa di superiore. Nel 1910 arriva a Parigi entrando nel vivo dell'ambiente artistico. Dopo essere rientrato in Russia e poi viaggiato verso la Germania, nel 1923 rientra a Parigi, mentre durante la seconda guerra mondiale si rifugia in America. Muore a Saint-Paul de Vence nel 1985. Chagall fa parte di quegli artisti che si mantengono indipendenti da ogni corrente artistica, senza per questo vivere al di fuori della loro epoca infatti ne conoscono e assimilano ogni novità per utilizzarla in relazione alla loro concezione personale. Per certe sue caratteristiche è vicino al Surrealismo ma con delle differenze per quanto riguarda la poetica. Il Surrealismo rappresenta l'inconscio, i segreti, le inquietudini, le angosce dell'uomo, Chagall insegue la bellezza del sogno e la sua purezza. Nel sogno, l'artista raggiunge ciò che è soprannaturale, magico, miracoloso. La sua arte è particolarmente libera e ricca di fantasia.
Meret Oppenheim di origine tedesca si trasferisce a Parigi e diventa un’ispiratrice del movimento surrealista; famosa anche come musa e amante di Man Ray (è stata anche amante di Max Ernst). Autrice di opere feticiste quali “Colazione in pelliccia” e “La mia governante” entrambe del 1936 e anticipatrice della Body Art con il celebre happening “Festino di primavera”.

J. Mirò 
Il carnevale di Arlecchino (1924)
    
M. Chagall 
La passeggiata (1917-1918)  
 

M. Oppenheim 
La mia governante (1936)

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