Partiamo dalla definizione della parola sogno. Secondo
il dizionario della lingua italiana deriva dal latino somnĭu(m) che ha origine dalla parola sŏmnus ossia sonno ed è una
“attività psichica che ha luogo
durante il sonno, caratterizzata da emozioni, percezioni e pensieri che si
strutturano in una successione di immagini generalmente non regolata dalla
logica o dalle normali convenzioni sociali, anche se apparentemente reale.
Sogni nel cassetto ossia progetti, fantasie, desideri non realizzati o
irrealizzabili.” Nel 1899 (ma datato 1900) Sigmund Freud, il fondatore
della psicoanalisi, scrive un complesso saggio dal titolo “L’interpretazione
dei sogni” e la sua teoria parte dalla considerazione che i sogni sono desideri
inconsci, desideri che durante il sonno, essendo meno controllati dalla
coscienza, sono fortificati e quindi possono emergere. Il Surrealismo è l’avanguardia
storica che ricerca il rapporto tra sogno e realtà ed il suo teorico è il
francese, poeta e critico d’arte, André Breton (1896-1966), che ne redige i
manifesti, il primo nel 1924 ed il secondo nel 1928. E’ un’arte figurativa ma
non naturalistica; un’arte che non nega la realtà ma la muta. Lo scopo è la
trasformazione delle immagini che porta an una diversa realtà, la surrealtà.
Breton definisce il Surrealismo come un “automatismo
psichico puro” poiché, egli afferma, nel sonno e durante il sogno siamo
liberi dai freni inibitori, dalla razionalità e dalla morale. Ha origine da una
propaggine del Dadaismo, di cui mantiene molte delle caratteristiche quali il
ready-made, l’automatismo, il fotomontaggio, il collage ed il frottage. Non
esiste un solo surrealismo infatti, partendo dai concetti base, ogni artista li
rielabora in modo personale, soggettivo. A differenza del Dadaismo,
caratterizzato dal rifiuto totale e dall’azzeramento del passato, il Surrealismo contrappone la ricerca affidandosi alla psicologia e alla filosofia
(Freud e Marx, sogno e realtà, libertà individuale e libertà sociale). Dal
punto di vista tecnico ci sono due elementi distintivi: gli accostamenti
inconsueti che portano ad una visione inattesa della realtà e le deformazioni
irreali che però non sono caricature (come avviene nella pittura
espressionista) ma rappresentano la metamorfosi ossia la trasformazione di un
oggetto in un altro. Di fondamentale importanza è la libertà, ossia
l’automatismo che permette di non pensare, di essere istintivi e di fare
scattare il meccanismo psichico. Nel manifesto troviamo scritto: “Scrivete rapidamente, senza un soggetto
predisposto, tanto rapidamente da non fermarvi e non essere tentati di
rileggere”. Questo, in effetti, ricorda la poetica dadaista ed il suo
concetto del caso e può essere attuato facilmente nella scrittura, ma come è
possibile usare lo stesso metodo nella pittura? Proprio perchè il Surrealismo è
un’arte di tipo figurativo, l’oggetto e la sua rappresentazione hanno un ruolo
importante, ma non si parla più di una riproduzione simile alla realtà, cioè
tradizionale, bensì di una decontestualizzazione dell’oggetto, in grado di
provocare lo straniamento dello spettatore, attraverso l’accostamento di realtà
oppure oggetti tra loro apparentemente non conciliabili. L’immagine surrealista
pertanto va contro l’identità, si ottiene un cambiamento del significato. E’
questo che scatena l’immaginazione portandola nella via dei sogni e
dell’allucinazione, infrangendo le regole e approdando in un mondo meraviglioso
in cui sogno e realtà si fondono. Vari sono gli esponenti di questo movimento
alcuni importanti nomi sono: René Magritte (1898-1967), Salvator Dalì
(1904-1989), Max Ernst (1891-1976), i fotografi Man Ray (1890-1976) e Claude Cahun (1894-1954), e poi Meret
Oppenheim (1913-1985), Juan
Mirò (1893-1983), Marc Chagall (1887-1985) e Frida Kahlo (1907-1954).
René
Magritte: nasce in Belgio dove
rimane per tutta la sua vita (solo alcuni anni trascorsi a Parigi). In Magritte osserviamo l’accostamento insolito di
significati e oggetti (ripresa anche da Duchamp) e la negazione di fronte alla
loro evidenza. L’esempio più rappresentativo è la famosa opera “La trahison des
images” (“Il tradimento delle immagini” del 1928-1929) in cui la frase
“Ceci n’est pas un pipe” (“Questa non è una pipa”) viene scritta sotto una pipa
dipinta in maniera assolutamente realistica. Questo sta a significare che noi
non vediamo una pipa ma la sua rappresentazione. Di rilevante importanza sono
le metamorfosi un esempio il dipinto in cui gli uccelli prendono forma di
foglia (“Le grazie naturali” del 1963). Importante la presenza nei suoi dipinti
di persone il cui volto non è visibile perché coperto, oppure mascherato.
Ricordiamo “La grande guerra” (1964, collezione privata) in cui il volto di un
uomo, rappresentato con giacca, cravatta e bombetta (figura ricorrente nei
dipinti di Magritte), è coperto quasi completamente da una mela verde, al
centro del quadro, stando a significare che ogni cosa che noi vediamo ne
nasconde un’altra. In effetti noi sappiamo che dietro la mela c’è un volto e
secondo il pensiero dell’artista tutti siamo interessati a vedere quello che
non si vede, quello che è nascosto. Il titolo rievoca la grande guerra che è
stata la guerra delle trincee dove l’uomo è stato annullato, cancellato, come
il volto dietro il frutto. Simile “L’uomo con la bombetta”, dello stesso anno,
in cui il viso è nascosto da una colomba. Molto interessante “Gli amanti” (due
versioni entrambe del 1928): in questo caso sono raffigurati due volti, in cui
chiaramente si distinguono un uomo e una donna entrambi con il volto coperto da
due lenzuoli che nascondono i lineamenti. Le interpretazioni date a questo
dipinto sono varie. L’impossibilità di comunicazione, dovuta alla copertura dei
volti, è il significato secondo il volere dell’artista. Un altro dipinto che
voglio menzionare è “Lo stupro” (1934) dove un corpo femminile assume le
sembianze di un volto con gli occhi, il naso e la bocca. Guardando questo volto
noi vediamo un oggetto del desiderio. Un’immagine efficace, che non ha bisogno
di tante spiegazioni. Con “L’impero delle luci” (1954), Magritte dipinge la
contrapposizione tra luce e buio, tra giorno e notte, sole ed oscurità che
vengono rappresentati simultaneamente a indicare un ossimoro con lo scopo di
creare un effetto di spaesamento dello spettatore a seguito della vista di due
momenti diversi e opposti tra loro. La scena è infatti divisa in due metà,
quella superiore in pieno giorno e quella inferiore di notte.
R. Magritte A trahison des images (1928- 1929) |
R. Magritte Gli amanti (1928) |
R. Magritte Golconda (1953) |
R. Magritte Il figlio dell'uomo (1964) |
Salvator
Dalì: personaggio assolutamente
eccentrico, la sua l’autobiografia si intitola “Diario di un genio”). Pittore,
scultore, scrittore, designer, sceneggiatore, attore, possiede tutte le
caratteristiche dell’artista surrealista. Seguendo le teorie di Sigmund Freud,
Dalì si discosterà e supererà le teorie surrealiste di Breton. I suoi dipinti
sono infatti allucinazioni iperrealistiche create attraverso il metodo da lui
stesso definito “metodo paranoico-critico”. Sono famosi “La persistenza della
memoria” detta anche “Orologi molli” (1931) e “La disgregazione della
persistenza della memoria” (1954), con la rappresentazione dei suoi orologi
dalla forma disciolta, a significare che il tempo non segue regole definite.
Importante il dipinto del 1937 “La metamorfosi di Narciso” (mostrato a Freud in
occasione di un loro incontro, l’unico, avvenuto a Londra nel 1938). In questo
dipinto viene raffigurato il mito di Narciso.
Nel dipinto l’utilizzo del metodo
critico-paranoico consiste nel guardare un oggetto e vederne uno diverso che viene
raffigurato sulla tela. Il dipinto va letto la sinistra a destra, al centro
della scena Narciso è vicino ad uno specchio d’acqua dove si vede anche il suo
riflesso. Da qui inizia la trasformazione, infatti, sulla destra del quadro si
vede una statua in pietra la cui sagoma somiglia a Narciso. Le sembianze però,
a seguito della metamorfosi, sono quelle di una grande mano che tiene un uovo
dal quale germoglia e sboccia un fiore, o meglio un narciso. Da sinistra verso
destra anche i colori mutano e dal caldo dei gialli si arriva al freddo dei
grigi, forse a rappresentare la morte. Molte altre sono le opere dell’artista
nel corso della sua vita, molto longeva. Di interessa anche le statue e i
dipinti raffiguranti donne con i cassetti, il primo del 1937. L’idea nasce
dalle teorie di Freud che vengono interpretate considerando il corpo dell’uomo
come pieno di cassetti contenenti segreti che attraverso la psicanalisi possono
essere aperti. Da qui la rappresentazione della donna contenitore e la donna
che rivela il suo interiore con i cassetti aperti. Interessante per comprendere
l’eccentricità del “genio” è la sua casa-museo e la sala dedicata a Mae West
(attrice, diva e sex simbol dell’epoca). Entrando nella stanza si notano due
quadri raffiguranti dei paesaggi collocati ai lati di un caminetto sul quale è
presente un orologio mentre al centro della stanza è posizionato un divano
rosso a forma di labbra, importante la presenza di grandi tende. Fino a qui nulla di strano ma
se si guarda la stanza da un’altra prospettiva ci si accorge che la stanza
rappresenta il viso dell’attrice con il naso-caminetto e il divano-bocca, gli
occhi sono i quadri e le tende i capelli… insomma il visitatore sta camminando
dentro il viso della donna. Una vera e propria installazione artistica. Dalì
partecipa, e ne è anche sceneggiatore, al cortometraggio della durata di 16
minuti dal titolo “Un Cane Andaluso” (film del 1929 di Luis Bunel) che
rappresenta il manifesto del Surrealismo francese.
Joan Mirò: pittore,
scultore, ceramista spagnolo. Rappresenta uno degli esponenti meno figurativi
di questa avanguardia, la sua pittura è più vicina all’astrattismo. Partendo
dalla rappresentazione del reale in “La Fattoria” (1921-1922), arriviamo a “Il
carnevale di arlecchino” (1924) in cui si riconoscono, fluttuanti nell’aria,
elementi reali tra elementi che simboleggiano quelli reali. Tale opera è
precedente al manifesto programmatico scritto da Breton. A seguito di questo
dipinto le sue opere sono sempre più marcatamente oniriche.
Marc Chagall: artista bielorusso di origine ebraica trascorse i suoi
primi anni nel quartiere ebreo della città di Vitebsk nell'osservanza delle
tradizioni della sua religione. Chagall eredita dall’ebraismo la nostalgia di
un popolo esule, il misticismo, l’aspirazione verso qualcosa di superiore. Nel
1910 arriva a Parigi entrando nel vivo dell'ambiente artistico. Dopo essere
rientrato in Russia e poi viaggiato verso la Germania, nel 1923 rientra a
Parigi, mentre durante la seconda guerra mondiale si rifugia in America. Muore
a Saint-Paul de Vence nel 1985. Chagall fa parte di quegli artisti che si
mantengono indipendenti da ogni corrente artistica, senza per questo vivere al
di fuori della loro epoca infatti ne conoscono e assimilano ogni novità per
utilizzarla in relazione alla loro concezione personale. Per certe sue
caratteristiche è vicino al Surrealismo ma con delle differenze per quanto
riguarda la poetica. Il Surrealismo rappresenta l'inconscio, i segreti, le
inquietudini, le angosce dell'uomo, Chagall insegue la bellezza del sogno e la
sua purezza. Nel sogno, l'artista raggiunge ciò che è soprannaturale, magico,
miracoloso. La sua arte è particolarmente libera e ricca di fantasia.
Meret Oppenheim di origine tedesca si trasferisce a Parigi e
diventa un’ispiratrice del movimento surrealista; famosa anche come musa e
amante di Man Ray (è stata anche amante di Max Ernst). Autrice di opere
feticiste quali “Colazione in pelliccia” e “La mia governante” entrambe del
1936 e anticipatrice della Body Art con il celebre happening “Festino di
primavera”.
J. Mirò
Il carnevale di Arlecchino (1924) |
M. Chagall
La passeggiata (1917-1918) |
M. Oppenheim
La
mia governante (1936)
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