martedì 4 aprile 2017

Dadaismo - Futurismo - Metafisica


Il Dadaismo: “Dada non è niente vale a dire tutto”, questa la risposta alla domanda: cos’è il dadaismo? (definizione scritta nella rivista berlinese Der Dada del 1919). Siamo in concomitanza della prima guerra mondiale e molti intellettuali europei si rifugiano in Svizzera dove, a Zurigo, nel 1916, nasce il movimento dadaista. E’ di breve durata e terminerà agli inizi degli anni 20 trasformandosi, in parte, nel Surrealismo. L’esordio avviene con l’apertura del Cabaret Voltaire. Il dadaismo, i cui manifesti sono opera di Tristan Tzara (1896-1963), la mente ideatrice, è un movimento di rivolta e negazione, di nichilismo e anarchia, di sovversione dei codici delle avanguardie fino alla demolizione dell’arte. Lo scopo è quello di ripartire da zero con la conseguente rinascita e il cambiamento dei valori che non saranno più paladini della borghesia bensì della vita comune, fino ad esserne parte. Dada uguale niente, parola che non ha senso, e che per questo assume perfettamente il concetto inteso come distruzione della logica e della razionalità e sviluppo del concetto definito “la poetica del caso”, la libertà dell’individuo, la sua spontaneità e la mancanza di regole. Al Cabaret Voltaire di Zurigo gli spettacoli dadaisti erano rappresentati da improvvisazioni di poesie, recite, balletti, musica. Alcuni esempi di questo tipo di arte sono un famoso costume di scena di Hugo Ball (1886-1927) indossato proprio nella serata del 5 febbraio 1916 all’inaugurazione del Cabaret Voltaire.
Hugo Ball
Cabaret Voltaire
(1916)
Altri partecipanti alle serate sono Hans Arp (1886-1966), Marcel Janco (1895-1984), Emmy Heggings (1885-1948), per citare i nomi più importanti. Di particolare rilevanza per comprendere la poetica di questo movimento è data dalle istruzioni di Tzara per la “fabbricazione” di una poesia dadaista (19
20): “Per fare un poema dadaista. Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che contate di dare al vostro poema. Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che formano questo articolo e mettetele in un sacco. Agitate piano. Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro, disponendoli nell’ordine in cui hanno lasciato il sacco. Copiate coscienziosamente. Il poema vi assomiglierà. Ed eccovi, uno scrittore infinitamente originale e d’una sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo della strada". Breve ma intenso il Dada si diffonde anche in Germania (Berlino e Colonia), negli Stati Uniti a New York e in Francia a Parigi. A Berlino, nel 1918, quello che era il dadaismo zurighese, che qui incontra la repubblica di Weimar, assume connotazioni politiche e prevede la ricerca di materiali nuovi nella pittura. I principali esponenti sono George Grosz (1893-1959), John Heartfield (1891-1968), Raoul Hausmann (1886-1971), Johannes Baader (1875-1955) e Franz Jung (1888-1963) e proprio con Hausmann abbiamo l’introduzione del collage per la creazione di opere, di carattere politico, create con ritagli e diversi materiali. Un esempio importante è “Testa meccanica (lo spirito della nostra epoca)” del 1920. Lo stesso Hausmann e il già menzionato Heartfield fanno anche uso del fotomontaggio che vede in Max Ernst (1891-1976), a Colonia, il più forte rappresentante, il dadaista più puro, mediante la tecnica del frottage (da lui ideata e poi ripresa nel Surrealismo) con cui era in grado di ottenere superfici dalle diverse interpretazioni. Nel 1919 l’incontro tra André Breton (1896-1966), in seguito padre del Surrealismo, e Tzara segna l’inizio delle manifestazioni Dadaiste a Parigi; ne saranno coinvolti anche Francis Picabia (1879-1953) e Marcel Duchamp (1887-1968) che principalmente a New York daranno vita ad un nuovo gesto concettuale e al ready-made. Farà parte del Dada a New York anche Man Ray (1890-1976) con la creazione delle radio-fotografie. L’artista francese Marcel Duchamp, che non ha mai accettato l’appartenenza al gruppo Dada, è considerato uno dei maggiori esponenti di questo movimento e di sicuro, è uno dei più grandi artisti del novecento poichè è colui che ha rivoluzionato per sempre il modo di fare e soprattutto di concepire l’arte. Egli ha rifiutato qualsiasi regola sia nell’arte che nella vita privata. Spesso usava lo pseudonimo Rrose Sélavy e ne sono memoria le fotografie di Man Ray che lo ritraggono vestito nei panni di questa signora. Il suo percorso artistico è molto complesso e tra le opere più importanti ricordiamo “Nudo che scende la scala, n.2” (1912) che rappresenta il superamento della pittura cubista poichè ne supera la staticità raffigurando un soggetto in movimento, un soggetto scomposto in più punti di vista in momenti successivi.
Marcel Duchamp
Ruota di bicicletta
(1913)
Nel 1913 con “Ruota di bicicletta” nasce il primo ready-made ossia un’opera d’arte in cui un oggetto assume un significato diverso da quello comunemente accreditato acquisendo, dopo essere stato decontestualizzato, un significato concettuale (da ricordare questo vocabolo), in cui il gesto e la scelta dell’autore diventano fondamentali. Questo percorso continua nel 1917 con l’opera più dirompente dal titolo “Fontana” che è un orinatoio di porcellana rovesciato a cui Duchamp ha apportato tre cambiamenti: lo ha collocato su un piedistallo, lo ha firmato, usando uno pseudonimo (R. Mutt), e datato e lo ha iscritto ad una mostra di arte moderna. Un’altra opera che ha suscitato rumore è “L.H.O.O.Q” (1919) meglio nota come la Monna Lisa di cui abbiamo già parlato. Sono degne di nota altre due opere “Il grande vetro” e “L’etant donnés”.

Il Futurismo: Il dinamismo, la velocità e la loro rappresentazione, sono concetti fondamentali del Futurismo. Ne è un chiaro esempio il dipinto di Giacomo Balla intitolato “Dinamismo di un cane al guinzaglio” del 1912. Il Futurismo è un’avanguardia storica tutta italiana che nasce dall’idea di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944). Il manifesto viene pubblicato all’inizio del mese di febbraio in varie riviste italiane (tra le quali ricordiamo la Gazzetta dell’Emilia di Bologna, Il Pungolo di Napoli, la Gazzetta di Mantova, l’Arena di Verona, Il Piccolo di Trieste e Il Giorno di Roma) ma la pubblicazione del 20 febbraio 1909 su Le Figaro di Parigi ne segna ufficialmente la nascita e la conseguente fama internazionale. Il Futurismo si rivolgerà a tutte le arti e prevede il rifiuto dell’arte ristretta ad una classe e dell’arte decadente, rifiuta l’antico mentre ricerca la modernità. Modernità intesa come velocità. Da tenere ben a mente in che periodo storico ci troviamo. Dopo il 1861 con l’unità d’Italia, dopo le prime organizzazioni socialiste degli operai e dei contadini e l’affermazione del verismo sociale (da vedere il dipinto - del 1901 - di Pellizza da Volpedo: “Il quarto stato”) si assiste, all’inizio del XX secolo, ad un processo di rinnovamento e di avvicinamento all’industrializzazione e al progresso. A questo avvicinamento, da parte dell’Italia, alle idee che già fermentavano in Europa contribuiscono tre riviste: La critica, La voce e Lacerba. Il futurismo prende l’avvio proprio da questo contesto. Pertanto nel manifesto, che prevedeva undici punti, si parla di “bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente…” e ancora “Noi canteremo le grandi folle agitate del lavoro, del piacere o della sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne… i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta”. Il futurismo ha non soltanto risvolti artistici ma anche politici, sociali e morali. Si parla infatti di militarismo, patriottismo modernista, repubblicano, anticlericale e democrazia. I principali esponenti, oltre a Marinetti, sono Umberto Boccioni (1882-1916), Gino Severini (1883-1966), Luigi Russolo (1885-1947), Carlo Carrà (1881-1966), Tullio Crali (1910-2000), Antonio Sant’Elia (1888-1916), Giacomo Balla (1871-1958) e Fortunato Depero (1892-1960). Il Futurismo si può dividere in due periodi, separati dalla prima guerra mondiale. Il primo periodo è quello di maggiore rilevanza dal punto di vista artistico. Nascono le serate futuriste, serate provocatorie che molto insegnano alle successive serate dadaiste e si sviluppa una pittura che vuole rappresentare il dinamismo degli oggetti e una nuova spazialità. E’ interessante sottolineare che la pittura futurista hai dei punti in comune con il cubismo ma anche delle diversità fondamentali: nella pittura cubista (in particolare nel cubismo analitico) il soggetto tridimensionale veniva osservato da più angolazioni e in tempi diversi, scomposto in varie immagini e poi riassemblato in un piano unico creando una nuova rappresentazione della realtà che vede il suo limite nella staticità del nuovo oggetto. Nella pittura futurista la questione è più complessa perché quello che l’artista ricerca è il superamento della stasi e l’esaltazione del movimento, della dinamicità (per il futurista questo rappresenta la velocità e la modernità) quindi si hanno immagini ripetute in sequenza dello stesso soggetto, dipinto usando la scomposizione del colore, oppure con linee di forze rette che danno l’idea della scia e, cosa assai più importante e innovativa, la compenetrazione del soggetto e dell’ambiente fino a creare una realtà in cui lo spazio non esiste più… I nostri corpi entrano nei divani su cui sediamo, e i divani entrano in noi, così che il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano”.

Giacomo Balla
Lampada ad arco
(1911)
Umberto Boccioni
Gli adii (1911)









Possiamo fare riferimento a dipinti quali “La città che sale” (1910) e “Stati d’animo: gli addii” (1911), entrambi di Boccioni, dello stesso autore “Rissa in galleria” (1910) oppure “Ragazza che corre sul balcone” (1912) e il già menzionato “Dinamismo di un cane al guinzaglio” tutti e tre dipinti di Giacomo Balla. Sono queste solo alcune delle famose opere. Caratteristiche peculiari di questa pittura, oltre alla ricerca della rappresentazione della velocità e della compenetrazione degli oggetti e degli spazi, superando il cubismo, sono l’uso di colori decisi, forti, violenti, che ricordano i dipinti e l’intensità delle emozioni degli espressionisti e l’utilizzo della tecnica divisionista, ovvero la separazione dei colori in singoli punti o linee che interagiscono fra di loro attraverso una sensazione ottica. La pittura futurista è quindi una sintesi divisionista, espressionista e cubista.

La Metafisica: Giorgio De Chirico (Volo 1888 – Roma 1978) definisce la sua pittura con il nome di metafisica. Nato in Grecia si trasferisce a Milano nel 1909 dove la sua carriera artistica si compie in concomitanza con il Futurismo, dal quale però è molto lontano. Nel 1910 si sposta a Parigi per ritornarci nel 1924 dopo il rientro in Italia. Nella pittura di De Chirico predomina l’immobilità, la prospettiva, la pittura nitida, la presenza di edifici urbani e figure classiche (spesso rappresentate come manichini) collocate in ambienti che hanno un che di enigmatico, di onirico, di malinconico, misterioso, angosciante, solo all’apparenza reale. Poche le forme di vita. Anche gli accostamenti sono particolari e hanno lo scopo di creare straniamento e stupore nell’osservatore. Tutte queste caratteristiche le troviamo nelle sue famose opere denominate “Piazze d’Italia”.
Giorgio De Chirico
Le muse inquietanti
(1917)
Tra i suoi dipinti ricordiamo, in primis, “Le muse inquietanti” (1917) il suo dipinto più famoso, considerato il manifesto della pittura metafisica poiché vi sono rappresentati tutti gli elementi che costituiscono la sua arte: una piazza urbana (che rappresenta Ferrara, città dove De Chirico ha soggiornato e dove ha dipinto quest’opera), manichini con sembianze classiche (non persone reali), presenza di edifici antichi e moderni ma privi di segni di vita, caratteristica questa molto importante. De Chirico infatti rifiuta la modernità che idolatra la velocità (completamente in opposizione con il Futurismo). Da ricordare anche “Ettore e Andromaca” (1917), opera influenzata dalla mitologia greca, in cui le due figure sono trasformate in manichini. De Chirico descrive l’ultimo incontro tra i due prima che Ettore affronti Achille e questo addio, già così tragico, viene enfatizzato dall’atmosfera del dipinto e dalle sembianze dei protagonisti che raffigurati senza braccia sembrano impossibilitati in questo ultimo saluto. 

1 commento:

  1. Marcel Duchamp. “Fontana” (1917). Ready Made. Tre azioni da parte dall'autore: colloca l'orinatoio su un piedistallo, lo firma, usando uno pseudonimo (R. Mutt), e lo data, infine e lo iscrive ad una mostra di arte moderna. L’opera venne respinta dalla giuria, non ancora pronta ad accettare questo tipo di arte. Una domanda sorge spontanea? Noi lo siamo? Ancora oggi ci sono molti scettici che non considerano questa come arte ma il suo valore è inestimabile dal punto di vista dell’idea e delle conseguenze che ha avuto su tutta l’arte successiva fino ai giorni nostri.

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