La prima donna di cui scriverò è Tina Modotti
e l’input mi è dato dal fatto che è un’artista ed una figura femminile che mi
piace molto per il suo carattere carismatico e forte, per la sua intelligenza e
la sua libertà. Inoltre proprio in questi giorni ci saranno spettacoli a teatro
e programmi culturali alla televisione che ne parleranno. Molte le mostre a lei
dedicate ed i libri che descrivono la sua vita privata, artistica e politica.
Tina Modotti (Udine 1896 - Citta' del Messico
1942) è una delle donne importanti nel panorama artistico della prima metà del
1900. Bella, brava, forte, libera, intelligente, carismatica, passionale. Una
vita, la sua, tormentata e movimentata. Attrice, militante comunista e
fotografa, ritrae la vita del popolo ponendo l'accento sul dolore e le
ingiustizie. Nel 1913, dalla sua città natale, si trasferisce con la famiglia
negli Stati Uniti (a San Francisco) e nel 1920 interpreta alcuni film a
Hollywood. Ma presto abbandona la carriera da attrice per dedicarsi alla
fotografia, la sua prima mostra nel 1924. L'incontro con Edward Weston, con il
quale è legata da una relazione sentimentale, e la permanenza in Messico saranno
fondamentali per la sua carriera come fotografa. Il clima politico e culturale
post-rivoluzionario, l'incontro con grandi pittori muralisti del calibro di
Diego Rivera (attivo anche dal punto di vista politico), con Vittorio Vidali
(rivoluzionario italiano), l'amicizia con la pittrice Frida Kahlo, le molte e
travagliate storie d'amore e la sua partecipazione alla vita politica del paese
saranno gli spunti per la sua poetica e la sua espressività. Nel corso degli
anni trasforma il suo modo di fare fotografia passando dall'attenzione verso la
natura (molte le sue fotografie di fiori) all'utilizzo del mezzo fotografico
come strumento di indagine e denuncia politico-sociale, pur mantenendo un
equilibrio estetico. Sempre attiva politicamente e socialmente, dopo essere
stata accusata (nel 1929) della morte del suo compagno di allora, il
rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, si trasferisce in Russia (a Mosca
dove vive fino al 1935) e poi viaggia tra Varsavia, Berlino, Vienna, la Spagna
(teatro della guerra civile che scoppia nel 1936 in cui le, ancora una volta,
parteciperà in prima linea e produrrà molta documentazione fotografica) e infine
Parigi. Nella notte del 5 gennaio 1942, viene colpita da infarto mentre si
trovava dentro un taxi a Città del Messico, e la stampa reazionaria e
scandalistica cerca di trasformare la sua morte in un delitto politico attribuendo
la responsabilità a Vittorio Vidali.
Ponendo l’attenzione alla sua fotografia mi
piace citare le sue stesse parole, che meglio raccontano di qualunque altra
descrizione il suo pensiero: “Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente,
direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo
a un mondo migliore […] Sempre, quando le parole “arte” o “artistico” vengono
applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto
sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi
considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò
che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di
produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La
maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell'effetto “artistico”,
imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido
che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe
avere: la qualità fotografica”.
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Calle (1924) |
L’incontro con il fotografo statunitense Edward
Weston da cui apprende le basi della fotografia, è certamente fondamentale ma
la sua sensibilità la porta ben presto a sviluppare un suo stile in cui
l’estetica, il rigore formale e il contenuto sono ben armonizzati. Sia nel
ritratto che nel reportage si amalgamano la qualità dell’immagine e l’ideologia.
Quest’ultima ben definita con l’esaltazione dei simboli del popolo e dell’uomo
che lavora, con particolare attenzione alla donna lavoratrice. I suoi soggetti
sono presi per strada per esaltarne la realtà e per cercare le tracce della
rivoluzione (non si può nascondere il carattere propagandistico di queste
fotografie che trasmettono un messaggio sociale chiaro). Mali della società e
voglia di riscatto. Fotografa mani segnate dalla fatica, manifestazioni
politiche e sindacali, falci, martelli e bandiere. Simboli di lavoro e di lotta.
Contadini e operai che leggono El Machete (la rivista degli artisti della
Rivoluzione, che è diventato giornale del partito); ritrae donne e bambini che
lavorano. Le sue fotografie sono caratterizzate da un’impostazione geometrica,
simmetrica ed equilibrata, con tagli prospettici particolari e bianchi e neri
pastosi.
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Donne di Tehuantepec (1929) |
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Bambina che porta acqua (1928) |
Sepolta nel Pantheon de Dolores (Città del Messico), sull’epitaffio della sua tomba sono scritti i primi versi della poesia di Pablo Neruda a lei dedicata: “Tina Modotti hermana, no duermes no, no duermes talvez tu corazon oye crecer la rosa de ayer la ultima rosa de ayer la nueva rosa descansa dulcemente hermana. Puro es tu dulce nombre pure es tu fragil vida de abeja sombra fuego nieve silencio espuma de acero linea polen se construyo tu ferrea tu delgada estructura”
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Falce pannocchia cartuccera (1927) |
(“Tina Modotti, sorella non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente sorella. Sul gioiello del tuo corpo addormentato ancora protende la penna e l’anima insanguinata come se tu potessi, sorella, risollevarti e sorridere sopra il fango”).
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Mani di operaio (1927) |
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Campesinos alla parata del Primo Maggio (1926) |
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Giovani miliziani (Berlino 1930) |
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Miliziani (Spagna 1936)
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Ancora una cosa per chi fosse interessato.
RispondiEliminaDomani martedì 21 febbraio alle ore 21:10 un documentario riguardante Tina Modotti (ecco il link con i dettagli):
http://www.artemagazine.it/rss/item/3632-rai-storia-tina-modotti-una-vita-in-scena