martedì 12 giugno 2018

Giochiamo con l'arte... capitolo 3

... indovinate di quale dipinto si tratta e chi è l'autore. Buon divertimento!

E’ un pomeriggio d’inverno. L’atmosfera fa presagire un’altra imminente nevicata. I colori predominanti sono ilbianco, il grigio-verde ed il bruno nerastro. Il freddo ed il gelo sono sempre più insopportabili. Tutto è una distesa di neve che ha ricoperto i tetti, i campi, il lavoro dell’uomo. I paesini della vallata, circondati dalle montagne e distinguibili ognuno da un alto campanile, sono congelati. Immobili… ma solo all’apparenza. Guardandone uno più da vicino si può scorgere l’operosità dei suoi abitanti. Una donna cammina attraversando un ponticello portando sulle sue spalle curve dalla fatica, una pesante fascina di legna mentre un uomo, affossando i piedi nella fresca coltre bianca, che costeggia il lago, traina un grande carro con due cavalli ed un grosso carico. Altre due donne si stanno dirigendo da qualche parte. Forse a casa, al riparo. Una trascina l’altra, che si tiene su uno slittino. Li vicino un uomo sembra raccogliere delle bacche da un albero ormai secco. Quasi in primo piano, un nutrito gruppo di contadini si trova davanti alla locanda del paese, sotto la piccola tettoia ricoperta di neve e carica di candelotti ghiacciati che creano una sorta di decorazione, un merletto come quelli di pizzo fatti dalle nonne. C’è un uomo che sposta un tavolino in legno ed è rivolto verso una donna dal grembiule bianco, che spicca rispetto al vestito scuro, la quale sta attizzando il fuoco. Un altro personaggio con, in mano una fascina, è proprio li vicino. Una piccolina, sembrerebbe una bambina, guarda la scena mentre una figura femminile, un poco in trasparenza, con una cuffia bianca ed in mano del fieno, esce dalla porta della locanda. Nonostante una finestra, dalle persiane parzialmente aperte, non si riesce a scorgere l’interno. Questi contadini, dopo aver acceso un fuoco, proprio li davanti al locale, dal nome “Al cervo”, come scritto sulla vecchia insegna penzolante di colore rosso-bruno raffigurante Sant’Eustachio, stannobruciando la pelle di un maiale, da poco macellato, per rimuoverne le setole. L’animale non è visibile ma la presenza del tipico mastello di legno che si adopera è un inequivocabile riferimento a quest’attività. Sulle distese di ghiaccio piccole figure scure di uomini e bambini animano la fredda giornata invernale con giochi e corse sui pattini e sugli slittini. Poco lontano l’acqua di un fiume seguendo le sue anse si dirigerà verso il mare; anche qui intorno si possono scorgere uomini affaccendati. A guardar bene, alcuni di loro stanno attraversando a piedi un piccolo ponte che li porta ad una casa dove un camino, a giudicar dalle fiamme rosse che fuoriescono, sembra aver preso fuoco. Un uomo, grazie ad una scala in legno, sta salendo sul tetto mentre altri sono li vicino. Tutt’intorno, alberi spogli, ricoperti di una coltre bianca, la stessa che ricopre tutto il paesaggio ed i tetti delle case con i muri di mattoni rossi. Lo sfondo della scena è occupato da una distesa di campi ghiacciati che arrivano fino ai piedi di vette innevate. Qualche uccello nero popola il cielo mentre pochi altri sono appollaiati sui rami. Sulla sinistra la pianura si estende fino alla linea dell’orizzonte. E’ questo il panorama che tre personaggi, insieme ai loro cani, vedono al ritorno da una magra battuta di caccia. Si trovano proprio in primo piano, sotto grandi alberi spogli, e qualche cespuglio secco, che forse rappresentano l’ultimo confine di un bosco prima di entrare nel paese. I capi sono chini, le spalle curve. Portano il carico delle loro picche. Sembrano incuranti dei movimenti e delle persone. Il loro passo è stanco e pesante. I piedi affondano nella neve fresca lasciando al loro passaggio molte impronte. Procedono faticosamente ed in silenzio verso il paese, verso le loro case che, con i loro camini accesi, potranno dargli un po’ di sollievo dopo tanto freddo pungente.
Questo dipinto (1565), un olio su tavola delle dimensioni di 117x162 cm, viene esposto presso il Kunsthistorisches Museum. Appartiene ad un ciclo composto da sei quadri della serie dei “Mesi” di cui oggi ne sono rimasti soltanto cinque; altri due si trovano nella stessa stanza del museo di Vienna mentre i restanti sono, uno a New York ed uno a Praga. Raffigurano il lavoro dell’uomo nel susseguirsi del ciclo delle stagioni. Il pittore è molto attento a tutti i dettagli ed il paesaggio non è tipico delle regioni da cui lui proviene bensì è ispirato ad un paesaggio alpino. Questo dipinto molto probabilmente è l’ultimo della serie poiché rappresenta il ritorno ed è carico di contenuti simbolici. E’, secondo gli esperti, il simbolo di una ricerca spirituale. Il significato della caccia, del fuoco, del ciclo delle stagioni che indicano il ciclo della vita, la morte e la rinascita. E poi l’insegna di Sant’Eustacchio e la scritta “Al cervo” che alludono alla leggenda della conversione del protomartire, avvenuta in seguito alla visione di una croce fiammeggiante tra le corna di questo animale proprio durante una battuta di caccia.
Questo dipinto viene più volte ripreso, e ne è metafora e simbolo, in una scena di un famoso film di fantascienza del regista sovietico Andrej Tarkovskij. Il film a cui mi riferisco è Solaris, del 1972 tratto dall’omonimo romanzo, antecedente di undici anni, dell’autore polacco Stanislaw Lem che, considerato una narrativa psicologica, rappresenta la parabola della vita trattando di grandi temi umani, quesiti filosofici e misteri dell’esistenza.
Ma chi è l’autore di quest’opera? Non si conosce molto, anche la data di nascita è incerta, dovrebbe essere il 1525 probabilmente a Breda, nelle Fiandre (oggi Belgio). Studia ad Anversa e nel 1552 intraprende un viaggio in Italia che va dalle Alpi per passare da Roma fino alla Sicilia. Viaggio molto importante per la sua pittura e non solo. Eseguirà molti schizzi e disegni alpini che poi utilizzerà come sfondi montuosi. Delle vere rappresentazioni di paesaggi naturali, dei suoi quadri più famosi, tra i quali anche quello di cui si sta raccontando in questo capitolo. Nel 1563 si sposa e si trasferisce da Anversa a Bruxelles, dove dipingerà la maggior parte delle sue opere e dove morirà nel 1569 lasciandoci in eredità due figli ed un nipote anch’essi pittori. Pare che la ragione del suo trasferimento sia dovuta a questioni religiose. Le Fiandre all’epoca erano sotto la dominazione spagnola ed egli probabilmente cambiò città per sfuggire alle persecuzioni, facendo parte di una setta che contestava lo sfarzo della Chiesa di Roma. Pittore, disegnatore e incisore, è considerato uno dei maggiori artisti della prima metà del Cinquecento nel nord Europa. La scuola è quella fiamminga a partire dallo studio dell’olandese Hieronymus Bosch. Dipinge la vita popolare della sua epoca e dei suoi luoghi, nelle campagne e nelle città. Bambini che giocano nei vicoli di un villaggio, invitati a un pranzo di nozze, contadini che lavorano i campi, cacciatori in un paesaggio innevato. Racconta, con grande dovizia di particolari, la quotidianità, anche quella nei suoi aspetti meno nobili, con senso dell’umorismo, con ironia ma con una visione realistica, nascondendo nelle figure anche qualche piccolo segreto. Per la prima volta la vita del popolo acquista importanza. 

1 commento:

  1. Svelato il titolo e l'autore: L'autore è Pieter Bruegel il vecchio ed il titolo è "Cacciatori nella neve" (1565)

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