Il simbolismo è
una corrente letteraria, filosofica ed artistica che nasce in Francia (e poi si
diffonde in Europa in particolare in Germania ed in Italia) a partire dal 1886,
come reazione al realismo, al naturalismo e all’impressionismo. Considerato
come un movimento interno alla più ampia corrente del Decadentismo, le sue
caratteristiche vengono descritte nel Manifesto di J. Moréas pubblicato
sul quotidiano Le Figaro il 18 settembre 1886. A differenza
dell’impressionismo (che non voglio affatto sminuire) la poetica è molto più
complessa. Innanzi tutto - come appena detto - investe non solo la pittura,
pertanto è più completo nel descrivere lo stato d’animo di coloro che ne fanno
parte e soprattutto descrive non le sensazioni ottiche bensì le emozioni ed il
disordine interiori più profondi. Interiorità, intimità dell’uomo e del suo
inconscio, azzardando una parola che sarà scoperta anni dopo con la
psicanalisi. Non dimentichiamo che il sogno sarà un tema fondamentale anche nel
Surrealismo. Il Simbolismo è un momento di incontro e di fusione tra elementi
della percezione sensoriale ed elementi spirituali. Di qui l’interesse,
attraverso l’uso del simbolo, per la dimensione del sogno, la visione
interiore, l’immaginazione. Secondo la definisione del dizionario simbolo
deriva dal latino symbŏlus e symbŏlum che significa accostamento, far coincidere, e rappresenta qualsiasi
elemento concreto (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare
nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto
sensibile, ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che
caratterizzano l’elemento stesso, il quale viene pertanto assunto ad evocare o
significare entità astratte, di difficile espressione. Un valore ulteriore, più
ampio e astratto rispetto a quello che normalmente rappresenta (per esempio il
focolare simbolo della famiglia oppure la bilancia simbolo della giustizia). La
poetica simbolista si fa strada nella cultura istituzionale francese, fino a
culminare, nel decennio successivo, con la costituzione di un vero e
proprio movimento supportato da diverse riviste letterarie.
La pittura che ne
deriva è raffinata, ricca di simbologie mitologiche-religiose, e si propone di
esplorare quelle suggestive regioni della coscienza umana al confine tra realtà
e sogno che fino ad allora erano rimaste escluse dall’indagine artistica. Tali
tratti contribuiscono a porre il movimento simbolista in contrasto con la cultura borghese contemporanea, con l’ideologia del progresso e della tecnica, cui si
contrappongono il culto di un passato mitizzato, la considerazione del presente
come epoca di decadenza, una visione individualista, fortemente spiritualizzata
o talvolta intrisa di anarchismo. Come conseguenza nè saranno interessati anche
il costume e gli orientamenti morali dei ceti borghese e piccolo borghese.
Il precursore, il
padre spirituale del decadentismo, è senza dubbio Charles Baudelaire (1821-1867)
autore di un unico - ma fondamentale - libro di poesie, “Les fleurs du mal”
(1857); la sua originalità è stata solo in parte compresa dai suoi
contemporanei ma ha esercitato una notevole influenza nei confronti della
scuola simbolista. Nel suo noto sonetto “Correspondances”
scrive:
“La Natura è un tempio dove colonne viventi / Talvolta
lasciano uscire confuse parole; / l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli
/ che l’osservano con sguardi familiari.
/ Come lunghi echi che si confondono in lontananza, / in una cupa e profonda
unità, / vasta come l’oscurità e come la luce, / profumi, colori e suoni si
rispondono. / Vi sono profumi freschi come carni di bimbi, / dolci come gli
oboi, verdi come i prati, / e altri, corrotti, ricchi e trionfanti, / che hanno
l’espansione delle cose infinite, come l’ambra, il muschio, il benzoino e
l’incenso, / che cantano l’ebbrezza dello spirito e dei sensi”.
La definizione di
poeti simbolisti, in riferimento a P. Verlaine, A. Rimbaud, S. Mallarmé (suo il
poemetto “Il pomeriggio del fauno”
1876) e J.-K. Huysmans (“A rebours” 1884) fu introdotta da J. Moréas, in un momento
in cui il fenomeno del decadentismo era in corso già da anni e quei poeti erano
stati riconosciuti come i suoi maggiori rappresentanti. Il decadentismo è pervaso dall’ansia e il poeta decadente
non è e non vuole essere il poeta-vate tipico del romanticismo, ma il
poeta-veggente, che giunge all’ignoto attraverso un immenso “sregolamento di tutti i sensi” (A.
Rimbaud). Non esistono più da una parte la realtà e dall’altra il sogno, ma
tutta la vita si presenta come simbolo. Questo spiega come il Simbolismo, a un
certo punto, si distingue dal decadentismo, per diventare un movimento a se
stante, spingendo all’estremo il culto dell’accostamento, dell’analogia. La
poesia simbolista si pone in antitesi con la concretezza e l’idealismo,
prediligendo una funzione del verso puramente evocatrice e mistica. La rigida
metrica tradizionale viene abbandonata in favore del verso libero, che permette
la creazione di un ritmo che ricalchi il fluire delle sensazioni e dell’energia
che pervade le cose del mondo. La musicalità del testo è sostenuto dall’utilizzo
di figure retoriche (sinestesia, analogia, metafora) e pertanto diventano
letture per pochi perchè difficili da decifrare e comprendere. Il primo a farsi
sostenitore di una poetica simbolista è, nel già citato “Pomeriggio di un
fauno”, Mallarmé, che si concentra in particolare sulle corrispondenze tra
oggetti e stati d’animo, sulla possibilità, attraverso la contemplazione, di
utilizzare un oggetto per illustrare un sentimento o passare da una sensazione
a una cosa, grazie alle analogie. Corrispondenze tra forma e parole, dalla
forma al contenuto alla sensazione. Il Simbolismo ha
avuto seguito anche in Italia con Pascoli e D’Annunzio (“Il piacere” 1889, “La
pioggia nel pineto” 1902) e in Inghilterra con Oscar Wilde (“Il ritratto di Dorian Gray” 1891).
Punti di riferimento in altre discipline sono Wagner per la musica ed
Hegel, Schopenhauer e Nietzsche per la filosofia. E non si possono dimenticare,
come precorritori, i preraffaeliti quali Dante Gabriel Rossetti (“Beata Beatrix” 1872) e J.E. Millais (“Ophelia” 1851-52). Una breve nota:
questa figura femminile viene ripresa e letta in diverse chiavi fino ad oggi
sia in pittura che in fotografia (da vedere il blog postato il 14 febbraio: Una
fotografia di Gregory Crewdson).
Parlando di
pittura è necessario citare il francese Gustave
Moreau (1826-1898). Nei suoi quadri sono evidenti temi quali la mitologia e
le storie bibliche: ne fa una rivisitazione, un sogno in cui le immagini e i
contenuti hanno la finalità di essere dei simboli. Di rilevante importanza la
figura della donna, vista agli antipodi madre e femme fatale dunque donna come
figura angelica, portatrice di amore puro e positivo e donna sensuale,
incarnanta nella figura di Salomè (“L’apparizione”
1876), che porta l'uomo alla perdizione. Meticoloso e preciso, ha un’estetica
raffinata, l’azione è assente mentre tutte le passioni e le tensioni vitali
vengono vissute nell’ambito del sogno.
Colui che può essere considerate il più
rappresentativo pittore simbolista è Odilon
Redon (1840-1916). Benché amico degli impressionisti, egli rifiuta l’uso di
questo stile, soprattutto perché non ha interesse a rappresentare la realtà
così come essa appare. Nella sua pittura la natura è soprattutto sogno, ed egli
ne coglie gli aspetti più sfuggenti, anormali, inspiegabili. Nella sua
produzione s'intrecciano miti classici e orientali, temi pieni di ambiguità
basati sullo strano, sul bizzarro, sul chimerico e sul grottesco.
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O. Redon L'occhio, come un pallone bizzarro si dirige verso l'infinito (!882) |
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O. Redon Evocazione di farfalle (1910-1912) |
Un esempio: “Evocazione di farfalle” (1910-1912): che cosa più di una farfalla è simbolo di bellezza, caducità, metamorfosi?
Il Simbolismo ha avuto un’ampia diffusione diffusione
in tutta Europa. In Svizzera può considerarsi simbolista l’opera pittorica di Arnold Böcklin (1827-1901) e F. Hodler (1853-1918).
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A. Bocklin L'isola dei morti (1883) |
La pittura di Böcklin
è mitologica: creature oniriche (ninfe, naiadi, nereidi, gorgone, minotauri)
tra architetture classiche, simbolismi, allegorie e un richiamo spesso
ossessivo alla morte. Pur esente da quel clima di morboso decadentismo del
simbolismo francese, anche la sua pittura si colloca nei territori tra la
realtà e il sogno. Le sue immagini hanno un taglio visionario con atmosfere
tenebrose e lugubri. L’artista ha dipinto cinque diverse versioni (una delle
quali andata distrutta durate la seconda guerra mondiale) negli anni tra il
1880 e il 1886 de “L’isola dei morti”.
Tema comune è un rematore ed una figura vestita di bianco in una piccola barca
che attraversa delle acque profonde diretta ad un'isola sassosa. Nella barca
c'è un oggetto che potrebbe essere una bara. Di Hodler cito su tutte l’opera “La Notte” (1889-1890) il pittore
raffigura sé stesso mentre il fantasma della morte lo strappa dal sonno.
L'artista è circondato da uomini e donne che dormono abbracciati. Nella tela
sono infilati autoritratti e i ritratti di due donne con le quali egli divide
in quegli anni la sua vita: Augustine Dupin, compagna degli esordi e madre di
suo figlio e Bertha Stucki che è stata sua legittima sposa nel corso di un
breve e tormentato matrimonio. Tale dipinto ha forti rimandi con “L'incubo” (due versioni del 1781 e del
1790-1791) di Johann Heinrich Füssli
e “Il sonno della ragione genera mostri” (1797) di Francisco Goya. In Germania c’è F. Von Stuck (1863-1928) le cui opera
riprendono la mitologia greco-romana ed il paganesimo. Le caratteristiche
principali sono l’erotismo (“Il peccato” 1893),
la trattazione dissacrante di tematiche religiose e l'interesse per i
personaggi mitologici del mondo classico. In Inghilterra G.F. Watts (1817-1904) unisce la tradizione classica con una
pittura tormentata e sofferta; lo scopo è quello di rappresenatre l’esistenza
umana, la sua evoluzione, gli sforzi e le qualità transitorie dell'animo. In Belgio citiamo F. Rops (1833-1898) che
essendo molto vicino ai movimenti letterari del suo tempo mescola sesso, morte
e immagini sataniche. E poi F. Khnopff
(1858-1912), nei suoi dipinti miti e chimere; peculiare è anche la scelta della
modella, aveva una vera e propria passione per i capelli rossi, e per la
mascella squadrata e prominente, tanto da dare alle sue modelle un’apparenza
androgina. J. Delville (1867-1953),
anche lui belga, la sua opera risente dell’esoterismo e di un certo idealismo
filosofico e perciò è dichiaratamente simbolista.
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F. von Stuck Il peccato (1893) |
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GF. Watts La speranza (1886) |
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F. Khnopff La sfinge (1896) |
E in Italia E. Scomparini (1845-1913), pittore
triestino che dipinge tra le altre cose “Margherita Gautier” (1886) l’emanciata
dama dalle camelie ormai sfiorite. G.A.
Sartorio (1860-1932) pittore, scultore, scrittore e regista dipinge “La
sirena” (1893), figura mitologica, permeata nella cultura fin de siécle
dell’aura della seduttrice fatale, la splendida creatura marina, che affiora
lucente dall’acqua, allude alla natura duplice della donna - ninfa gentile ma
anche crudele incantatrice - evocando la potenza misteriosa e irresistibile del
suo erotismo. Infine G. Segantini
(1858-1899) la cui opera è descritta nel blog postato 29 gennaio (Segantini.
Ritorno alla natura).
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E. Scomparini Margherita Gautier (1886) |
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GA. Sartorio La sirena (1893) |
Altre suggestioni simboliste, pur su un piano stilistico
totalmente diverso, sono rintracciabili anche nella pittura di Paul Gauguin
(1848-1903). Di marca simbolista è anche il contenuto della pittura di Gustav
Klimt (1862-1918), il maggiore esponente della Secessione viennese. La sua
pittura, benché abbia una cifra stilistica molto originale, si basa sempre su
soggetti di tipo simbolico. Un’inclinazione tragica caratterizza l’opera del
norvegese E. Munch (1863-1944), antecedente, insieme a V. Van Gogh
(1853-1890), delle esperienze espressioniste. Ma di questi autori ne parleremo in altre
lezioni.
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