L’Espressionismo,
che nasce nel 1905, è un movimento artistico facente parte delle avanguardie
storiche, in cui prevale la deformazione (caratteristica principale) di alcuni
aspetti della realtà, in modo da evidenziare i valori espressivi ed emozionali.
E’ un
movimento di protesta e critica. Le due culle sono la Francia (Parigi) con il
movimento definito dei “Fauves” (belve, in francese) e la Germania (Dresda e in
minor misura Berlino) con il “Die Brücke” o movimento de “Il ponte”. Questi sfociano
rispettivamente nel “Cubismo” (1907) e nei movimenti “Der Blaue Reiter” o “Il
cavaliere azzurro” (1911) e la “Nuova oggettività” (1919-1933). Le
caratteristiche principali sono: soggettività, anti-positivismo,
anti-naturalismo e anti-impressionismo. E’ arte di opposizione, è un’arte
difficile da racchiudere in una definizione data la sua complessità e la sua
estesa collocazione geografica. L’Espressionismo dal punto di vista pittorico,
elimina la prospettiva ed è contraddistinto dalla durezza del segno (è come un’incisione
sul legno, una xilografia). I colori sono violenti e mancano le sfumature. In
Francia ed in Germania queste caratteristiche, pur essendo le stesse, vengono
espresse in modo diverso. In Francia sono meno nette, in Germania molto più
decise, più marcate e rappresentano una feroce
polemica sociale basata sulla storia contemporanea dove l’alienazione e la
solitudine hanno un ruolo importante. Pur ponendosi in contrapposizione
all’Impressionismo, l’Espressionismo rimane sempre un movimento che si basa
sulla realtà; è il modo di approcciarla che cambia, nel primo caso viene
affrontata con l’oggettività mentre nel secondo con la soggettività e l’azione.
Al contrario, non ci sono legami con il Simbolismo e con la visione della realtà
attraverso l’evasione e il sogno. I principali padri precursori sono: Gauguin,
Van Gogh, Munch ed Ensor.
Il gruppo dei Fauves non è omogeneo e non ha un programma
definito, la polemica sociale è implicita nella poetica in cui il colore (usato
puro e con una violenza spregiudicata) ha un ruolo fondamentale diventando il
principale mezzo espressivo. Di questo gruppo fa parte Matisse. I principali
protagonisti dell’Espressionismo tedesco sono Oskar Kokoschka, Egon Schiele, Ernest
Ludwig Kirchner e Emil Nolde. In essi sono presenti: la violenza cromatica e la
deformazione caricaturale, ma in più vi è una forte carica di drammaticità. Prevalgono
sempre temi quali il disagio esistenziale, l’angoscia psicologica, la critica
ad una società borghese ipocrita e ad uno stato militarista e violento. Diverso
è il movimento de “Il cavaliere azzurro” i cui fondatori sono Wassilj
Kandinskij e Franz Marc. Con questo movimento l’Espressionismo prende una
svolta decisiva. Nasce un’arte dove è possibile ignorare totalmente la realtà.
Da qui, ad una pittura totalmente astratta, il passo è breve. Ed infatti fu
proprio Wassilj Kandiskij il primo pittore a scegliere la strada
dell’astrattismo totale. Il gruppo Der Blaue Reiter si disgrega in breve tempo;
l’ultima mostra è quella del 1914. Al termine della prima guerra mondiale che vede la
sconfitta dei tedeschi, in Germania nasce la Repubblica di Weimar (1919-1933)
che prende il nome dalla città omonima dove un’assemblea nazionale redige una
nuova costituzione. In questo periodo l’attività culturale, che segue il filone
socialista e democratico, esplode e nasce la “Nuova oggettività” detta anche Espressionismo
realista, l’ultima propaggine dell’Espressionismo tedesco. Nella Germania
post-conflitto gli artisti (pittori, letterati, poeti, registi e musicisti)
esprimono nelle loro opere i dolori, i disastri e le atrocità della guerra che
si ripercuotono nel fisico e nella mente quindi non solo con amputazioni ma
anche con un aumento della malvagità dell’uomo. Alcuni nomi su tutti sono Otto
Dix, George Grosz e Max Beckmann. Molto importante e noto il fotografo August
Sander. Le
opera degli espressionisti sono considerate dai Nazisti “arte degenerata”.
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H. Matisse "La danza" (1910) |
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E. Nolde "Natura morta con maschere III" (1911) |
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E.L. Kirchner "Postdamer plats" (1914) |
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O. Dix "Il venditore di fiammiferi" (1921) |
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G. Grosz "I pilastri della società" (1926) |
Oskar Kokoschka
(1886-1980) pittore austriaco che, allievo di Gustave Klimt, si allontana dalla
Secessione Viennese per aderire all’Espressionismo. Le sue opere si allontanano
dall’ideale di bellezza e di grazia, al contrario sono dure ed incisive. Una
litografia che ben descrive la sua cifra stilistica è “Pietà” del 1909: “L’uomo
è rosso sangue, il colore della vita, ma egli è morto sulle ginocchia di una
donna che è bianca, il colore della morte” dice l’autore descrivendo il
dipinto.
Questa litografia descrive una donna che tiene un uomo ma, nonostante
il titolo possa ingannare, è molto lontano da quello che rappresenta l’omonima
statua di Michelangelo in San Pietro. In Kokoschka è la rappresentazione
lugubre di una donna dai tratti incisivi, gli occhi piccoli, neri ed incavati,
gli zigomi pronunciati e il corpo muscoloso, che le danno una fisicità
mascolina, e l’incarnato bianco, che si contrappone al corpo rosso e deformato
di un uomo che ne è la vittima. In quest’opera viene descritta la brutalità, la
ferocia e l’imbruttimento della società tedesca dell’epoca, espressa anche
nelle altre opere citate e in tutte quelle dei pittori aderenti a questo
movimento. Diventa primo illustratore della rivista “Der Sturm” fondata nel
1910.
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Pietà (1909) |
Egon Schiele
(1890-1918): “L’artista è l’espressione della sua epoca, rivela un frammento
della propria vita. E lo fa sempre attraverso una profonda esperienza vissuta”
dice lo stesso artista considerato uno dei migliori disegnatori di tutti i
tempi che, dopo essere rimasto orfano, dopo essersi iscritto all’accademia di
belle arti di Vienna, dopo aver conosciuto Klimt ed aver aderito alla
secessione vienese, nel 1909 si distacca dal decorativismo per accostarsi in
modo del tutto personale all’Espressionismo. La morte del padre, un’amante
minorenne (Wally Neuzil), una moglie (Edith Harms), la prigione, la guerra, la perdita del figlio e della moglie incinta.
Vive gran parte della sua esistenza in povertà e muore a soli 28 anni dopo una
vita da incompreso ed alienato. Al centro della sua opera c’è l’essere umano:
autoritratti e nudi femminili in cui il tratto è secco, nervoso e deciso.
Spesso corpi non finiti, mani (una caratteristica tipica della sua opera) dove la
deformazione rappresenta il dolore, la sofferenza, la malinconia. Corpi e volti
carichi di espressività. Figure spigolose, contorte, spesso in pose quasi
improbabili. Non rappresenta corpi belli ed armoniosi, al contrario corpi disarmonici.
Tutto fa emergere l’interiorità, il disagio, la sessualità, la morte,
l’inconscio, la passione, la malattia. Opere che sono state definite scandalose,
provocanti ed inquitanti dove emerge l’io dell’artista.
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Autoritratto (1910) |
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Nudo femminile (1914) |
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La madre morta (1910) |
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