Il Dadaismo: “Dada non è
niente vale a dire tutto”, questa la risposta alla domanda: cos’è il dadaismo?
(definizione scritta nella rivista berlinese Der Dada del 1919). Siamo in concomitanza della prima guerra
mondiale e molti intellettuali europei si rifugiano in Svizzera dove, a Zurigo,
nel 1916, nasce il movimento dadaista. E’ di breve durata e terminerà agli
inizi degli anni 20 trasformandosi, in parte, nel Surrealismo. L’esordio
avviene con l’apertura del Cabaret Voltaire. Il dadaismo, i cui manifesti sono
opera di Tristan Tzara (1896-1963), la mente ideatrice, è un movimento di
rivolta e negazione, di nichilismo e anarchia, di sovversione dei codici delle
avanguardie fino alla demolizione dell’arte. Lo scopo è quello di ripartire da
zero con la conseguente rinascita e il cambiamento dei valori che non saranno
più paladini della borghesia bensì della vita comune, fino ad esserne parte.
Dada uguale niente, parola che non ha senso, e che per questo assume
perfettamente il concetto inteso come distruzione della logica e della
razionalità e sviluppo del concetto definito “la poetica del caso”, la libertà
dell’individuo, la sua spontaneità e la mancanza di regole. Al Cabaret Voltaire
di Zurigo gli spettacoli dadaisti erano rappresentati da improvvisazioni di poesie, recite, balletti, musica. Alcuni esempi
di questo tipo di arte sono un famoso costume di scena di Hugo Ball (1886-1927)
indossato proprio nella serata del 5 febbraio 1916 all’inaugurazione del
Cabaret Voltaire.
Altri partecipanti alle serate sono Hans Arp (1886-1966),
Marcel Janco (1895-1984), Emmy Heggings (1885-1948), per citare i nomi più
importanti. Di particolare rilevanza per comprendere la poetica di questo
movimento è data dalle istruzioni di Tzara per la “fabbricazione” di una poesia
dadaista (1920): “Per fare un poema dadaista. Prendete un giornale. Prendete delle
forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che contate
di dare al vostro poema. Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi con cura
ognuna delle parole che formano questo articolo e mettetele in un sacco.
Agitate piano. Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro,
disponendoli nell’ordine in cui hanno lasciato il sacco. Copiate
coscienziosamente. Il poema vi assomiglierà. Ed eccovi, uno scrittore
infinitamente originale e d’una sensibilità affascinante, sebbene incompresa
dall’uomo della strada". Breve ma intenso
il Dada si diffonde anche in Germania (Berlino e Colonia), negli Stati Uniti a
New York e in Francia a Parigi. A Berlino, nel 1918, quello che era il dadaismo
zurighese, che qui incontra la repubblica di Weimar, assume connotazioni
politiche e prevede la ricerca di materiali nuovi nella pittura. I principali
esponenti sono George Grosz (1893-1959), John Heartfield (1891-1968), Raoul
Hausmann (1886-1971), Johannes Baader (1875-1955) e Franz Jung (1888-1963) e
proprio con Hausmann abbiamo l’introduzione del collage per la creazione di
opere, di carattere politico, create con ritagli e diversi materiali. Un
esempio importante è “Testa meccanica (lo spirito della nostra epoca)” del
1920. Lo stesso Hausmann e il già menzionato Heartfield fanno anche uso del
fotomontaggio che vede in Max Ernst (1891-1976), a Colonia, il più forte
rappresentante, il dadaista più puro, mediante la tecnica del frottage (da lui
ideata e poi ripresa nel Surrealismo) con cui era in grado di ottenere
superfici dalle diverse interpretazioni. Nel 1919 l’incontro tra André Breton
(1896-1966), in seguito padre del Surrealismo, e Tzara segna l’inizio delle
manifestazioni Dadaiste a Parigi; ne saranno coinvolti anche Francis Picabia
(1879-1953) e Marcel Duchamp (1887-1968) che principalmente a New York daranno
vita ad un nuovo gesto concettuale e al ready-made. Farà parte del Dada a New
York anche Man Ray (1890-1976) con la creazione delle radio-fotografie. L’artista
francese Marcel Duchamp, che non ha mai accettato l’appartenenza al gruppo
Dada, è considerato uno dei maggiori esponenti di questo movimento e di sicuro,
è uno dei più grandi artisti del novecento poichè è colui che ha rivoluzionato
per sempre il modo di fare e soprattutto di concepire l’arte. Egli ha rifiutato
qualsiasi regola sia nell’arte che nella vita privata. Spesso usava lo
pseudonimo Rrose Sélavy e ne sono memoria le fotografie di Man Ray che lo
ritraggono vestito nei panni di questa signora. Il suo percorso artistico è
molto complesso e tra le opere più importanti ricordiamo “Nudo che scende la
scala, n.2” (1912) che rappresenta il superamento della pittura cubista poichè
ne supera la staticità raffigurando un soggetto in movimento, un soggetto
scomposto in più punti di vista in momenti successivi.
Nel 1913 con “Ruota di
bicicletta” nasce il primo ready-made ossia un’opera d’arte in cui un oggetto
assume un significato diverso da quello comunemente accreditato acquisendo,
dopo essere stato decontestualizzato, un significato concettuale (da ricordare
questo vocabolo), in cui il gesto e la scelta dell’autore diventano fondamentali.
Questo percorso continua nel 1917 con l’opera più dirompente dal titolo
“Fontana” che è un orinatoio di porcellana rovesciato a cui Duchamp ha
apportato tre cambiamenti: lo ha collocato su un piedistallo, lo ha firmato,
usando uno pseudonimo (R. Mutt), e datato e lo ha iscritto ad una mostra di
arte moderna. Un’altra opera che
ha suscitato rumore è “L.H.O.O.Q” (1919) meglio nota come la Monna Lisa di cui abbiamo
già parlato. Sono degne di nota altre due opere “Il grande vetro” e “L’etant
donnés”.
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Hugo Ball Cabaret Voltaire (1916) |
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Marcel Duchamp Ruota di bicicletta (1913) |
Il Futurismo: Il dinamismo, la
velocità e la loro rappresentazione, sono concetti fondamentali del Futurismo.
Ne è un chiaro esempio il dipinto di Giacomo
Balla intitolato “Dinamismo di
un cane al guinzaglio” del 1912. Il Futurismo è un’avanguardia storica
tutta italiana che nasce dall’idea di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944). Il
manifesto viene pubblicato all’inizio del mese di febbraio in varie riviste italiane
(tra le quali ricordiamo la Gazzetta
dell’Emilia di Bologna, Il Pungolo
di Napoli, la Gazzetta di Mantova, l’Arena di Verona, Il Piccolo di Trieste e Il
Giorno di Roma) ma la pubblicazione del 20 febbraio 1909 su Le Figaro di Parigi ne segna ufficialmente
la nascita e la conseguente fama internazionale. Il Futurismo si rivolgerà a
tutte le arti e prevede il rifiuto dell’arte ristretta ad una classe e
dell’arte decadente, rifiuta l’antico mentre ricerca la modernità. Modernità
intesa come velocità. Da tenere ben a mente in che periodo storico ci troviamo.
Dopo il 1861 con l’unità d’Italia, dopo le prime organizzazioni socialiste
degli operai e dei contadini e l’affermazione del verismo sociale (da vedere il
dipinto - del 1901 - di Pellizza da Volpedo: “Il quarto stato”) si assiste,
all’inizio del XX secolo, ad un processo di rinnovamento e di avvicinamento
all’industrializzazione e al progresso. A questo avvicinamento, da parte
dell’Italia, alle idee che già fermentavano in Europa contribuiscono tre riviste:
La critica, La voce e Lacerba. Il
futurismo prende l’avvio proprio da questo contesto. Pertanto nel manifesto,
che prevedeva undici punti, si parla di “bellezza
della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a
serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente…” e ancora “Noi canteremo le grandi folle agitate del
lavoro, del piacere o della sommossa: canteremo le maree multicolori e
polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne… i piroscafi avventurosi che
fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle
rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante
degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra
applaudire come una folla entusiasta”. Il futurismo ha non soltanto
risvolti artistici ma anche politici, sociali e morali. Si parla infatti di militarismo,
patriottismo modernista, repubblicano, anticlericale e democrazia. I principali
esponenti, oltre a Marinetti, sono Umberto Boccioni (1882-1916), Gino Severini
(1883-1966), Luigi Russolo (1885-1947), Carlo Carrà (1881-1966), Tullio Crali
(1910-2000), Antonio Sant’Elia (1888-1916), Giacomo Balla (1871-1958) e
Fortunato Depero (1892-1960). Il Futurismo si può dividere in due periodi,
separati dalla prima guerra mondiale. Il primo periodo è quello di maggiore
rilevanza dal punto di vista artistico. Nascono le serate futuriste, serate
provocatorie che molto insegnano alle successive serate dadaiste e si sviluppa
una pittura che vuole rappresentare il dinamismo degli oggetti e una nuova
spazialità. E’ interessante sottolineare che la pittura futurista hai dei punti
in comune con il cubismo ma anche delle diversità fondamentali: nella pittura
cubista (in particolare nel cubismo analitico) il soggetto tridimensionale
veniva osservato da più angolazioni e in tempi diversi, scomposto in varie
immagini e poi riassemblato in un piano unico creando una nuova
rappresentazione della realtà che vede il suo limite nella staticità del nuovo
oggetto. Nella pittura futurista la questione è più complessa perché quello che
l’artista ricerca è il superamento della stasi e l’esaltazione del movimento,
della dinamicità (per il futurista questo rappresenta la velocità e la
modernità) quindi si hanno immagini ripetute in sequenza dello stesso soggetto,
dipinto usando la scomposizione del colore, oppure con linee di forze rette che
danno l’idea della scia e, cosa assai più importante e innovativa, la compenetrazione
del soggetto e dell’ambiente fino a creare una realtà in cui “lo spazio non esiste più… I nostri corpi
entrano nei divani su cui sediamo, e i divani entrano in noi, così che il tram
che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e
con esso si amalgamano”.
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Umberto Boccioni Gli adii (1911) |
Possiamo fare riferimento a dipinti quali “La
città che sale” (1910) e “Stati d’animo: gli addii” (1911), entrambi di
Boccioni, dello stesso autore “Rissa in galleria” (1910) oppure “Ragazza che
corre sul balcone” (1912) e il già menzionato “Dinamismo di un cane al
guinzaglio” tutti e tre dipinti di Giacomo Balla. Sono queste solo alcune delle
famose opere. Caratteristiche peculiari di questa pittura, oltre alla ricerca
della rappresentazione della velocità e della compenetrazione degli oggetti e
degli spazi, superando il cubismo, sono l’uso di colori decisi, forti,
violenti, che ricordano i dipinti e l’intensità delle emozioni degli
espressionisti e l’utilizzo della tecnica divisionista, ovvero la separazione
dei colori in singoli punti o linee che interagiscono fra di loro attraverso
una sensazione ottica. La pittura futurista è quindi una sintesi divisionista,
espressionista e cubista.
La Metafisica: Giorgio De
Chirico (Volo 1888 – Roma 1978) definisce la sua pittura con il nome di
metafisica. Nato in Grecia si trasferisce a Milano nel 1909 dove la sua
carriera artistica si compie in concomitanza con il Futurismo, dal quale però è
molto lontano. Nel 1910 si sposta a Parigi per ritornarci nel 1924 dopo il
rientro in Italia. Nella pittura di De Chirico predomina l’immobilità, la
prospettiva, la pittura nitida, la presenza di edifici urbani e figure
classiche (spesso rappresentate come manichini) collocate in ambienti che hanno
un che di enigmatico, di onirico, di malinconico, misterioso, angosciante, solo
all’apparenza reale. Poche le forme di vita. Anche gli accostamenti sono
particolari e hanno lo scopo di creare straniamento e stupore nell’osservatore.
Tutte queste caratteristiche le troviamo nelle sue famose opere denominate
“Piazze d’Italia”.
Tra i suoi dipinti ricordiamo, in primis, “Le muse
inquietanti” (1917) il suo dipinto più famoso, considerato il manifesto della
pittura metafisica poiché vi sono rappresentati tutti gli elementi che
costituiscono la sua arte: una piazza urbana (che rappresenta Ferrara, città
dove De Chirico ha soggiornato e dove ha dipinto quest’opera), manichini con
sembianze classiche (non persone reali), presenza di edifici antichi e moderni
ma privi di segni di vita, caratteristica questa molto importante. De Chirico
infatti rifiuta la modernità che idolatra la velocità (completamente in
opposizione con il Futurismo). Da ricordare anche “Ettore e Andromaca” (1917),
opera influenzata dalla mitologia greca, in cui le due figure sono trasformate
in manichini. De Chirico descrive l’ultimo incontro tra i due prima che Ettore
affronti Achille e questo addio, già così tragico, viene enfatizzato
dall’atmosfera del dipinto e dalle sembianze dei protagonisti che raffigurati
senza braccia sembrano impossibilitati in questo ultimo saluto.
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Giorgio De Chirico Le muse inquietanti (1917) |
Marcel Duchamp. “Fontana” (1917). Ready Made. Tre azioni da parte dall'autore: colloca l'orinatoio su un piedistallo, lo firma, usando uno pseudonimo (R. Mutt), e lo data, infine e lo iscrive ad una mostra di arte moderna. L’opera venne respinta dalla giuria, non ancora pronta ad accettare questo tipo di arte. Una domanda sorge spontanea? Noi lo siamo? Ancora oggi ci sono molti scettici che non considerano questa come arte ma il suo valore è inestimabile dal punto di vista dell’idea e delle conseguenze che ha avuto su tutta l’arte successiva fino ai giorni nostri.
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